Accolto dalla Cassazione il ricorso dell’Inail contro la pronuncia con cui la Corte di appello aveva ritenuto coperta dal giudicato la valutazione del primo giudice sull’entità del danno biologico conseguente alla malattia professionale denunciata da una lavoratrice
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34017/2019 si è pronunciata sul ricorso presentato dall’Inail nei confronti della sentenza con cui la Corte di appello di Catanzaro, confermando la decisione di primo grado, aveva accolto la domanda proposta da una donna avente ad oggetto il conseguimento delle prestazioni per malattia professionale.
L’Ente, che era stato condannato al pagamento dell’indennizzo parametrato ad un danno biologico nella misura del 7%, aveva censurato in appello le risultanze peritali recepite dal Tribunale, argomentando sulla mancanza dell’origine professionale della patologia.
Il motivo era stato ritenuto infondato.
Il CTU nominato nel secondo grado aveva riconosciuto il ruolo concausale dell’attività lavorativa. Tuttavia, non poteva tenersi conto della valutazione da questi espressa in ordine all’entità del danno biologico, quantificato nel 3%, in quanto l’INAIL in appello non aveva espresso alcuna censura sul punto. In altri termini, essendo stato contestato soltanto l’an, la Corte territoriale non poteva intervenire sul quantum, incorrendo altrimenti nel vizio di ultrapetizione.
Nel ricorrere per cassazione, l’INAIL ha contestato la pronuncia nella parte in cui riteneva coperta dal giudicato la valutazione del primo giudice sull’entità del danno biologico conseguente alla malattia professionale denunciata dalla lavoratrice.
La Suprema Corte ha accolto le doglianze proposte rinviando il caso alla Corte di appello, in diversa composizione, per un nuovo esame.
Per i Giudici Ermellini, infatti, la ritenuta mancanza di contestazione da parte dell’ INAIL dell’entità dei postumi della malattia denunciata trovava smentita nell’atto di appello, nel quale le critiche investivano anche la valutazione della concausa morfologica della malattia (ipertrofia ossea) ai fini della quantificazione dell’invalidità derivatane.
In ogni caso, secondo la Cassazione, quand’anche si volesse ritenere che l’appello non conteneva alcuna censura sul quantum della valutazione, occorreva tenere conto dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla operatività del principio devolutivo in grado di appello. Nello specifico “la obiettiva interdipendenza tra la natura professionale della malattia e la misura del danno biologico non rendeva possibile la separazione della statuizione giuridica sulla eziologia professionale da quella sul grado di invalidità. Non trattandosi di unità separate le due statuizioni non erano suscettibili di impugnazione autonoma né potevano passare in giudicato separatamente”.
Il ricorso, dunque, è manifestamente fondato, “poiché sull’accertamento compiuto dal primo giudice ai fini della quantificazione della percentuale di danno biologico conseguente a malattia professionale non si è formato alcun giudicato”.
Questo “si determina unicamente su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia”.
Di conseguenza, “l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi della suddetta statuizione minima suscettibile di giudicato, apre il riesame sull’intera questione che essa identifica ed espande nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali alla statuizione impugnata, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame”.
Nel caso in esame, la pacifica impugnazione da parte dell’Inail della statuizione di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto la natura professionale della patologia accertata in capo alla assicurata, aveva impedito il formarsi del giudicato sulla percentuale di danno biologico. La diversa affermazione contenuta nella sentenza d’appello si poneva quindi in contrasto con le disposizioni denunciate e con i principi di diritto sopra richiamati.
La redazione giuridica
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