Malformazioni del nascituro non rilevate (Tribunale Vibo Valentia, dep. 02/11/2022, n.653).

Malformazioni del nascituro alla mano destra e piede torto congenito sinistro.

I genitori citano in giudizio l’ASP al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’omessa rilevazione da parte della Struttura ospedaliera, in sede di ecografia morfologica eseguita al quinto mese di gravidanza (in data 30.12.2013), delle malformazioni del nascituro, nato con “malformazione alla mano destra e piede torto congenito sinistro”.

Deducono che qualora la donna fosse stata tempestivamente e correttamente informata avrebbe sicuramente interrotto la gravidanza.

Il Tribunale rigetta le richieste istruttorie degli attori in quanto la prova testi è stata formulata senza la specifica indicazione delle persone da interrogare ex art. 244 c.p.c. e la richiesta di CTU ritenuta esplorativa.

La domanda azionata dagli attori, e inerente il diritto al risarcimento del danno da privazione della facoltà di esercitare una scelta consapevole, se effettuare o meno un aborto terapeutico, sulla scorta delle malformazioni del nascituro, viene ritenuta infondata.

La giurisprudenza ha esteso l’area della responsabilità contrattuale – normalmente limitata alle parti – anche a favore di terzi che entrano in contatto con la prestazione contrattuale, tanto che si è parlato di contratti con effetti protettivi nei confronti di terzi.

Sul punto la Suprema Corte ha chiarito che il padre del nascituro non è soggetto estraneo all’inadempimento sanitario, nello specifico: “il risarcimento dei danni, che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento della struttura sanitaria all’obbligazione di natura contrattuale gravante sulla stessa, spetta non solo alla madre, ma anche al padre, atteso il complesso di diritti e doveri che, secondo l’ordinamento, si incentrano sulla procreazione cosciente e responsabile, considerando che, agli effetti negativi della condotta del medico ed alla responsabilità della struttura ove egli opera non può ritenersi estraneo il padre che deve, perciò, considerarsi tra i soggetti “protetti” e, quindi, tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta è qualificabile come inadempimento, con il correlato diritto al risarcimento dei conseguenti danni, immediati e diretti, fra cui deve ricomprendersi il pregiudizio patrimoniale derivante dai doveri di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli” (cfr. Cassazione n. 2675/2018).

Riguardo al merito della vicenda, azionata per il riconoscimento delle omesse diagnosi di malformazioni del nascituro, il Tribunale ricorda che la normativa applicabile al caso è la legge n. 189/2012 (legge Balduzzi), vigente all’epoca della commissione dei fatti di cui è causa.

Gli attori non hanno soddisfatto l’onere probatorio su di loro incombente, atteso che si sono limitati a dedurre genericamente l’errore diagnostico del medico semplicemente “per non avere lo stesso indicato l’apparecchio utilizzato per l’esame diagnostico e per non aver consegnato le riproduzioni repertate”.

Invece, la Struttura ha dimostrato la corretta esecuzione della prestazione professionale da parte del Medico, specificando che mediante l’esecuzione dell’esame ecografico morfologico alcune malformazioni (tra cui quella rilevata nel caso di specie) non sono visibili e che l’omessa consegna dei fotogrammi, così come l’omessa indicazione dello strumento utilizzato, nell’esecuzione della prestazione, non è né indice dell’inesatta esecuzione della prestazione, né causa di un presunto errore diagnostico.

Inoltre, gli attori non hanno allegato, né provato, che, ove correttamente informati delle malformazioni del nascituro figlio, avrebbero sicuramente interrotto la gravidanza.

Viene anche osservato che dopo i primi novanta giorni la gravidanza può essere eccezionalmente consentita solo in presenza delle condizioni indicate dall’art. 6 della legge regolatrice. Ciò in quanto l’interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o grave (dopo i 90 giorni).

Questo significa che le eventuali malformazioni del nascituro, o anomalie, non rilevano in sé per sé considerate, ma solo nei termini in cui possono cagionare il danno alla salute della gestante. L’ordinamento non ammette il c.d. aborto eugenetico, ossia l’interruzione della gravidanza che prescinde dal serio o dal grave pericolo per la vita o la salute fisica o psichica della donna.

Ebbene, al momento dell’esecuzione dell’esame diagnostico di cui si discute, ovverosia l’esecuzione dell’ecografia morfologica eseguita al quinto mese di gravidanza, il termine di novanta per l’interruzione consentita della gravidanza era oramai decorso.

Ne deriva che è onere della donna allegare e dimostrare la sussistenza delle condizioni legittimanti l’interruzione della gravidanza, ovvero che la conoscibilità, da parte della stessa, dell’esistenza di rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro avrebbe generato uno stato patologico tale da mettere in pericolo la sua salute fisica o psichica.

L’accertamento in fatto delle condizioni suddette è riservato al Giudice di merito e rimane insindacabile in sede di legittimità. In altri termini, l’accertamento dei presupposti di legge (ossia la rilevanza delle malformazioni, il grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, la volontà espressa o presunta di abortire) è valutazione necessaria che deve essere compiuta dal Giudice di merito sulla base delle circostanze allegate e provate da colui che agisce in giudizio.

Gli attori, invece, non hanno dedotto nè allegato l’esistenza di un grave pregiudizio fisico o psichico della madre – e di riflesso del coniuge – a causa della malformazione del figlio.

I Genitori del bambino si sono limitati a dedurre la sussistenza di una responsabilità dell’ASP per non aver ricevuto i fotogrammi allegati al referto e per non essergli stato indicato lo strumento utilizzato per eseguire l’esame, senza, tuttavia, avere dimostrato nessun dei presupposti di legge sopra citati. Proprio per tale ragione è stata, correttamente, rigettata la richiesta di CTU che a fronte della carenza di allegazione sarebbe del tutto esplorativa.

Ad ogni modo, il Tribunale esclude che le malformazioni del nascituro –alla mano destra e piede torto congenito sinistro (malformazione che può essere corretta) – integrino quei presupposti (rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro) previsti dalla legge per configurare il grave pericolo per la salute fisica o psichica della gestante che eccezionalmente può interrompere la gravidanza dopo i primi 90 giorni.

L’attrice, pertanto, non avrebbe potuto praticare l’interruzione della gravidanza.

Ne consegue che il diritto lamentato dagli attori, di non potere esercitare il diritto all’aborto, non sussiste.

La domanda viene rigettata con condanna alle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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