Prescrizione del risarcimento danni a seguito di assoluzione (Cass. Civ. sez. III, 23 febbraio 2023, n. 5650).
Prescrizione del risarcimento danni per il soggetto assolto in sede penale e ingiustamente accusato.
Nella decisione a commento la Suprema Corte tratta la questione del termine prescrizionale dell’azione di risarcimento danni promossa dall’imputato, poi assolto, per l’ingiusta accusa.
Ebbene, la decorrenza del termine prescrizionale per la vittima della condotta illecita, imputata nel procedimento penale, decorre dal momento in cui la stessa ha avuto la concreta percezione della gravità del danno.
La vicenda tratta dell’imputazione formulata nei confronti di un Commercialista che veniva incaricato della costituzione di Società all’estero. Dopo la costituzione, le predette Società venivano utilizzate per attività illecite e il professionista veniva coinvolto nei procedimenti penali conseguenziali.
A seguito della pronunzia di assoluzione, il professionista agisce in sede civile, nei confronti delle Società per l’ingiusto coinvolgimento penale, per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali (derivanti dalla cessazione dell’attività professionale) e dei danni non patrimoniali (per il pregiudizio alla salute cagionato dal processo penale).
Entrambi i Giudici di merito ritenevano sussistente la prescrizione del risarcimento domandato (istaurato nel 2015, dopo il giudizio di assoluzione), poichè il dies a quo dell’azione di risarcimento doveva individuarsi nella data della misura cautelare (2006) o al massimo del rinvio a giudizio (2008), non a far data dall’assoluzione avvenuta nel 2015.
La Cassazione ritiene la decisione di merito errata in diritto ed osserva:
“1) l’autonomia dei processi attiene ai rapporti tra i due procedimenti, che in sostanza non si influenzano; l’individuazione del dies a quo della prescrizione dell’azione civile non dipende dalla regola della separazione dei due giudizi, ma da un criterio esclusivamente civilistico. Non a caso vi sono casi nei quali la prescrizione si ritiene decorrere, ad esempio, dalla falsità della denunzia in caso di calunnia, oppure dall’innestarsi della comparsa del danno psico-fisico nella vittima di violenza carnale. Dunque, l’individuazione del dies a quo è basata sulla consapevolezza dell’accusato di aver subito un’ingiusta accusa e varia a seconda dei casi.
2) è errato supporre che, ove fosse necessaria la sentenza penale per la consapevolezza, allora bisognerebbe attendere il passaggio in giudicato, divenendo così la sentenza e non il danno l’elemento costitutivo dell’illecito civile. La giurisprudenza di legittimità mai ha richiesto il passaggio in giudicato, ma solo l’identificazione di un atto da cui desumere che il danneggiato ha avuto o avrebbe avuto se diligente una conoscenza del danno subito e della sua riferibilità ad un determinato agente. Una sentenza è sufficiente/indice di conoscenza del danno subito, non il suo passaggio in giudicato.
3) bisogna distinguere i casi nei quali il danneggiato da un reato è egli stesso imputato nel processo penale, dai casi nei quali non lo è. Nel caso di vittima non imputata, è ragionevole supporre che al momento del rinvio a giudizio dell’autore del reato, la vittima possa avere una consapevolezza di aver subito il danno o che si tratti di danno ingiusto. Nel caso, invece, di vittima imputata, le parti sono invertite (il danneggiato è l’imputato e l’autore dell’illecito è parte civile), quindi il danneggiato dovrebbe avere la consapevolezza di essere tale (ossia di essere stato ingiustamente accusato) dal suo stesso rinvio a giudizio. In questo caso il rinvio a giudizio indica la responsabilità del danneggiato, a differenza del caso tipico di vittima di illecito penale, ove il rinvio a giudizio indica la responsabilità altrui (del danneggiante).”
Sulla scorta di tale ragionamento viene espresso il seguente principio di diritto:
“la prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto reale e concreta percezione dell’esistenza e gravità del danno stesso, nonché della sua addebitabili ad un determinato soggetto, ovvero nel momento in cui avrebbe potuto avere tale percezione usando l’ordinaria diligenza. Si richiede, inoltre, che il danneggiato abbia consapevolezza del fatto che il danno è non solo causalmente riferibile ad un determinato autore, ma anche che lo è dal punto di vista soggettivo, del dolo e della colpa”.
Il ricorso viene accolto.
§§§
Dalla esposta decisione scaturiscono alcune considerazioni.
Qualora il danneggiato sia imputato la consapevolezza del “danno ingiusto” si forma al momento della assoluzione. Difatti è in quel momento che emerge il profilo della colpa della parte civile (nel caso esaminato delle società) ex art. 2043 c.c., che ingiustamente ha coinvolto l’imputato/danneggiato nel procedimento penale.
In questo senso, secondo l’art. 2935 c.c., la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Cioè a dire: la possibilità di esercitare il diritto al risarcimento del danno decorre dalla consapevolezza del danno ingiusto.
Avv. Emanuela Foligno
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