Revoca dell’assegno divorzile per nuova convivenza

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Revoca assegno divorzile per nuova convivenza stabile

Revoca dell’assegno divorzile per nuova convivenza (Cass. civ., sez.,  22 febbraio 2023, n. 5510).

Revoca dell’assegno divorzile in caso di nuova convivenza del beneficiario : la vicenda decisa dalla Suprema Corte.

La Corte d’Appello di Roma revocava l’assegno divorzile a favore dell’ex moglie di euro 1.500,00 mensili, fissando il contributo al mantenimento dei tre figli, con decorrenza dalla sentenza di primo grado impugnata, in Euro 7.000,00 mensili.

In particolare, i Giudici d’appello, esaminate le relazioni investigative prodotte dall’uomo, nonché le dichiarazioni fiscali e la documentazione bancaria prodotta, davano atto dai certificati anagrafici di un legame pluriennale della ex moglie con altro uomo e negavano l’assegno divorzile.

La donna propone ricorso in Cassazione lamentando la revoca dell’assegno sul presupposto di una convivenza con altro uomo.

La censura è fondata.

La decisione dei Giudici di Appello ha dato rilievo alla sussistenza di nuovo stabile legame, con carattere di continuità e indice di un progetto comune di vita, tale da escludere ogni residua solidarietà post coniugale da parte del soggetto obbligato.

Gli Ermellini danno atto (Cass. 6855-2015; conf. Cass.2466-2016) che “l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi della Cost., art. 2 come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo” .

In altri precedenti (Cass. 11975-2003 e Cass. 17195-2011), si era ritenuto che, in presenza di una convivenza che assuma i connotati di stabilità e continuità, in cui i conviventi “elaborino un progetto ed un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio“, la mera convivenza si trasforma in una vera e propria “famiglia di fatto” e quindi si rescinde ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile, fondato sulla conservazione del tenore di vita goduto nella precedente vita matrimoniale, pur ribadendosi che non vi è nè identità, nè analogia tra il nuovo matrimonio del coniuge divorziato, che fa automaticamente cessare il suo diritto all’assegno, ex l.898-1970, art5 comma 10, e la fattispecie descritta, che necessita comunque di un accertamento e di una pronuncia giurisdizionale.

Le Sezioni Unite, intervenute sull’argomento,  (32918/2021), hanno affermato che: a) “L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione, nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno, in relazione alla sua componente compensativa”; b) “in tema di assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell’attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. L’assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo”.

Si è quindi escluso ogni automatismo tra instaurazione di un nuovo progetto di vita intrapreso con il terzo dall’ex coniuge, e perdita dell’assegno divorzile.

Successivamente all’intervento delle Sezioni Unite (Cass. 14256-22) è stato chiarito che “in tema di assegno divorzile, l’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza “more uxorio” fa venir meno il diritto all’assegno, salvo che per la sua componente compensativa, la cui sussistenza deve, tuttavia, essere specificamente dedotta dalla parte che faccia valere il proprio diritto all’assegno”.

Ebbene, la ricostruzione dell’assegno divorzile sulla base di un criterio non più soltanto assistenziale, ma anche compensativo-perequativo comporta infatti un temperamento del principio della perdita automatica ed integrale del diritto all’intero assegno di divorzio all’instaurarsi di una nuova convivenza.

Qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole, questi, se privo anche nell’attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa. Ovviamente il richiedente deve fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.

La ricorrente deduce di avere interrotto gli studi e il lavoro svolto presso l’attività commerciale dei genitori, per dedicarsi esclusivamente alla vita familiare e alla cura dei tre figli.

La Corte territoriale non si è così conformata al canone di giudizio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 32198 e ha omesso ogni indagine sulla situazione reddituale e patrimoniale degli ex coniugi e ai possibili profili perequativi-compensativi dell’assegno divorzile correlati allo svolgimento della vita coniugale.

Per tali ragioni il ricorso viene accolto e la decisione cassata con rinvio in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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