Paralisi emidiaframma per lesione del nervo frenico (Tribunale Alessandria, 10/08/2022, n. 762).
Paralisi emidiaframma per lesione del nervo frenico nel corso dell’intervento di apertura del pericardio.
Il paziente espone che in data 19 maggio 2013 veniva ricoverato e sottoposto ad intervento di plastica della valvola mitralica, a causa di insufficienza mitralica severa con ipertensione polmonare.
Il controllo ecocardiografico successivo all’intervento evidenziava un buon funzionamento della valvola mitrale, tuttavia a seguito di RX toracica emergeva la sopraelevazione dell’emidiaframma destro, confermata da controllo Angio TAC dal quale risultava la presenza di relaxio emidiaframmatica destra con consolidamento del parenchima polmonare. Persistendo problematiche respiratorie e dolorabilità diffusa al torace, il 24 dicembre 2013 si sottoponeva a visita di controllo con definitiva diagnosi di paralisi emidiaframma destro dovuta a lesione intraoperatoria del nervo frenico destro.
In particolare il CTP del danneggiato confermava che nel caso in questione la paralisi emidiaframma destra riportata dal paziente era stata la conseguenza di una lesione traumatica sul nervo frenico al momento dell’apertura del pericardio.
Si costituisce in giudizio l’Azienda ospedaliera, evidenziando in estrema sintesi che la lesione del nervo frenico è una complicanza non rara dell’intervento di correzione valvolare cui era stato sottoposto l’attore, condotto dai sanitari del reparto di cardiologia con perizia, diligenza e in conformità delle linee guida.
Il Tribunale ritiene la domanda parzialmente fondata.
I CTU hanno evidenziato che la lesione del nervo frenico, causa della paralisi emidiaframma destro, costituisce una complicanza conosciuta dell’intervento chirurgico in questione. Nello specifico “La lesione può essere diretta o indiretta, si ha la prima quando il nervo frenico viene reciso accidentalmente, la seconda quando il nervo viene leso per la trazione degli organi ad esso contigui, trazione che produce uno stiramento del nervo con conseguenti danni reversibili o irreversibili. La lesione indiretta è più comune, ha un’insorgenza valutata nei termini del 3%, e i motivi per cui si può giungere a tale lesione sono vari, non solo iatrogeni, ma anche legati alle condizioni di salute e caratteristiche individuali del paziente che favoriscono tale esito (come le varianti anatomiche di decorso, la presenza di aderenze e tenacia dei tessuti); inoltre anche comorbidità polmonari, come la broncopneumopatia cronica di cui era affetto il paziente, si sono dimostrate un fattore di rischio serio per la lesione del nervo frenico. La monitoracotomia destra cui è stato sottoposto il paziente è meno invasiva della sternotomia, però in tali tipi di intervento può accadere che la trazione del pericardio, che viene fissato alla parete toracica per permettere l’esposizione degli atrii, determini una trazione tale da provocare danni irreversibili al nervo frenico, e quando questo accade di solito è correlato con fattori individuali non prevenibili. Il sig. F.M. presentava come detto taluni di tali fattori di rischio, sicché è possibile che la trazione di cui si è parlato, unita a tali fattori, abbia portato alla lesione indiretta del nervo frenico.”
Ciò detto i CTU non sono stati in grado di dire se la lesione diagnosticata all’attore insorta nel corso dell’intervento eseguito correttamente – era inevitabile da parte dei sanitari o se essi, operando con maggiore attenzione, prudenza e diligenza avrebbero potuto evitarla, e ciò perché di quanto accaduto in sala operatoria nulla è detto nella cartella clinica, che su tali fatti sorvola completamente.
Nella cartella non sono riportate le manovre effettuate e in generale i vari passaggi eseguiti al momento dell’apertura del pericardio, tra cui l’individuazione del nervo frenico e l’incisione del pericardio a distanza di sicurezza, nonché le eseguite manovre di trazione. Questa negligenza nella compilazione del referto operatorio può essere considerata un’omissione non grave, posto che si tratta di manovre scontate in questo tipo di operazione, ma la mancanza della loro descrizione non ha permesso di risalire a quanto sia effettivamente accaduto in sala operatoria, e soprattutto non consente di scriminare se tale complicanza, conosciuta e prevedibile nella pratica clinica, non fosse nel caso concreto evitabile, o fosse invece evitabile e quindi da ricondursi ad un errore tecnico iatrogeno.
In conclusione, non è emerso con chiarezza come si è giunti a tale lesione e se essa è da ricondursi a fattori non evitabili, neppure con la dovuta diligenza, prudenza e perizia, oppure se è da ricondursi ad un errore tecnico non scusabile commesso dai sanitari durante l’intervento.
Ne consegue che la Struttura non ha provato di avere agito con la diligenza richiesta o che il suo inadempimento è dipeso da causa non imputabile ai sanitari.
Il Tribunale liquida il danno permanente, come accertato dai CTU nella misura del 12%, oltre al danno temporaneo
Complessivamente vengono liquidati euro 33.300,82, oltre interessi di mora nella misura di quelli legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo.
Nulla viene riconosciuto a titolo di personalizzazione del danno, considerato che parte attrice nulla ha allegato in merito.
Quanto infine all’ulteriore danno inerente la diminuzione della capacità lavorativa i CTU hanno affermato che “la paralisi emidiaframma e l’esito disfunzionale della stessa non hanno inciso sulla capacità lavorativa specifica del paziente che svolte la mansione di camionista”.
Avv. Emanuela Foligno
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