Maltrattamenti in famiglia e tempi di reazione della vittima per la formalizzazione della denuncia (Cass. pen., sez. VI, dep. 22 novembre 2022, n. 44427).

Maltrattamenti in famiglia e tempi di reazione della persona offesa nell’ottica della dinamica delle relazioni familiari.

Con l’impugnata sentenza, veniva confermata in secondo grado la condanna dell’uomo per il reato di maltrattamenti in famiglia aggravato.

Avverso la suddetta sentenza, il ricorrente ha proposto impugnazione formulando due motivi di doglianza.  Con il primo motivo, deduce il vizio di motivazione in relazione all’applicazione dell’art. 192 c.p.p., sostenendo che i Giudici di merito si sarebbero basati esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, la quale, peraltro, aveva riferito solo di sporadici episodi, peraltro avvenuti a notevole distanza temporale l’uno dall’altro. Difetterebbe, secondo il ricorrente, quella condizione di soggezione psicologica derivante dalle condotte lesive e vessatorie, mancanza che sarebbe indirettamente desumibile anche dal fatto che la persona offesa si è rivolta alle forze dell’ordine solo dopo un lungo periodo di tempo nel corso del quale, a suo dire, avrebbe subito le condotte maltrattanti.

Con il secondo motivo, deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, consistente nella testimonianza del figlio, all’epoca minorenne, il quale avrebbe potuto riferire con certezza se avesse, o meno, assistito a condotte maltrattanti poste in essere dal padre ai danni della madre.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il primo motivo di ricorso non si confronta con l’articolata motivazione resa dal Giudice di appello, il quale non si è affatto limitato a ripercorrere gli aspetti salienti della testimonianza resa dalla persona offesa, bensì ha proceduto al controllo della sua attendibilità, rinvenendo plurimi elementi di conferma.

In tale contesto probatorio, la Corte di appello ha correttamente valorizzato, tra e altre, la deposizione resa dal maresciallo dei carabinieri, al quale la persona offesa si era rivolta per riferire di essere vittima di maltrattamenti, nonché quella del responsabile del centro antiviolenza cui la persona offesa si era rivolta fin dal 2013.

Di talchè le doglianze proposte dal ricorrente risultano manifestamente infondate.

Non vi è alcun vulnus nel percorso motivazionale con riferimento al fatto che la persona offesa non abbia tempestivamente sporto denuncia per maltrattamenti in famiglia, dato che tale aspetto è stato ritenuto non rilevante dalla Corte di appello, sulla base di una motivazione immune da censure.

Difatti,  in presenza di un quadro probatorio pienamente affidabile, la mera circostanza che la persona offesa non abbia inteso tempestivamente denunciare le condotte maltrattanti non è un elemento idoneo, di per sé, a far sorgere il ragionevole dubbio circa la commissione del reato.

Rientra nell’ordinaria dinamica delle relazioni familiari segnate da condotte di maltrattamento il differimento nel tempo del momento in cui la vittima decide di reagire, atteggiamento che può essere motivato da molteplici ragioni – quali il tentativo di salvaguardare l’unita familiare ed i figli, ragioni economiche, speranze nel miglioramento della situazione – che, tuttavia, non incidono in alcun modo né sulla configurabilità del reato, né sulla valutazione di attendibilità della persona offesa.

Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancata assunzione della testimonianza del figlio del ricorrente.

La Corte di appello ha escluso la necessità dell’escussione del teste, all’epoca minore, ritenendo che il quadro probatorio fosse di per sé esaustivo, stante la deposizione resa dalla persona offesa e le conferme, sia pur de relato, rese dai testi cui la vittima aveva riferito della presenza del figlio in occasione delle condotte di maltrattamenti in famiglia.

Alla luce di tali considerazioni, il ricorso viene dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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