Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento verso moglie e figli non può essere giustificato da presunte difficoltà economiche non provate. La sentenza conferma che l’inadempimento prolungato integra un reato permanente, indipendentemente dalla situazione finanziaria dell’obbligato (Corte di Cassazione, VI penale, sentenza 9 ottobre 2025, n. 33502).
I fatti
Entrambi i Giudici di merito ritengono l’imputato responsabile per avere omesso il versamento in tutto ed in parte dell’assegno mensile stabilito in sede di separazione e successivamente con la sentenza di divorzio, condannandolo alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 750 di multa, oltre al risarcimento del danno arrecato alla parte civile. In particolare, i Giudici di appello hanno dato atto che la mera indicazione dell’uomo di “difficoltà economiche” non poteva escludere la responsabilità dell’imputato, a fronte di un inadempimento prolungato nel tempo in ordine al quale la documentazione prodotta dalla difesa risultava inadeguata.
L’imputato deduce il mancato approfondimento della sua reale ed esigua capacità economica e dell’eventuale stato di bisogno dei beneficiari che dovrebbero risultare privati dei mezzi necessari per il loro sostentamento e la liquidazione del danno risarcibile.
L’intervento della Cassazione
Le suddette censure sono infondate ad eccezione di quella relativa al difetto di motivazione del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.
I Giudici di merito hanno affermato che l’avere escluso la sussistenza dello stato di bisogno della persona avente diritto all’assegno di mantenimento non ha comportato alcun cambiamento rispetto al fatto descritto nell’imputazione, ovverosia il mancato pagamento dell’assegno mensile stabilito dal Tribunale civile prima in sede di omologazione del provvedimento di separazione consensuale e poi con la sentenza di divorzio.
Difatti, non viola il principio di correlazione con l’imputazione la condanna per un titolo di reato diverso da quello descritto nella contestazione, la diversa ricostruzione del fatto storico allorché ricorra un rapporto di continenza tra la condotta contestata e quella ritenuta in sentenza, poiché in tale caso si verifica soltanto una modifica della qualificazione giuridica, del tutto ammissibile.
Il fatto che il ricorrente abbia incentrato le proprie argomentazioni sulla insussistenza dello stato di bisogno dei beneficiari (figli e moglie) e sulla natura solo parziale e non integrale dell’inadempimento degli obblighi di mantenimento nei confronti del figlio minorenne, non ha comportato alcuna lesione del diritto di difesa, proprio perché il nucleo del fatto storico comune ad entrambe le fattispecie (costituito dalla violazione dell’obbligo di assistenza materiale quale proiezione del dovere di cura), era comunque descritto nella imputazione.
Il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento
Ciò detto, le violazioni degli obblighi di assistenza economica si palesano, in linea crescente, dalla violazione meno grave del mancato versamento di quanto dovuto per assicurare ai figli uno stile di vita conforme alle capacità economiche degli obbligati (cd. obbligo di mantenimento) alla violazione più grave dell’omesso versamento di quanto necessita per la sopravvivenza dei figli (cd. stato di bisogno), nel caso in cui la violazione degli obblighi di assistenza, fissati in sede giudiziaria, non si traduca nel mancato versamento del minimo necessario per sopravvivere, la condotta omissiva integra solo l’ipotesi meno grave prevista dall’art. 570-bis c.p. che è punita meno gravemente con le stesse pene alternative dell’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 570.
Riguardo la determinazione del danno risarcibile e della mancata applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto, la S.C. rileva che l’inosservanza degli obblighi contributivi integra un reato permanente, la cui consumazione decorre dall’inizio delle inadempienze e prosegue sino a tutto il tempo in cui perdura e si protrae l’inadempimento dell’obbligo di contribuzione, con la conseguente irrilevanza agli effetti penali della eventuale prescrizione civile delle relative obbligazioni.
La prescrizione “civile” è irrilevante in sede penale perché l’inadempimento prolungato integra un reato permanente che costituisce titolo autonomo.
Venendo ora all’assenza di prova di uno stato di indigenza dell’imputato, l’obbligo di motivazione è stato esaustivamente soddisfatto con argomentazioni coerenti sotto il profilo logico-giuridico con le quali l’imputato non si confronta.
La sentenza viene annullata, come già detto, in riferimento alla sospensione condizionata della pena, con rinvio alla Corte di appello di Salerno, che dovrà provvedere a determinare la pena, individuandola tra quelle alternative, pecuniaria o detentiva.
Avv. Emanuela Foligno






