La Corte di Cassazione torna a disquisire sul criterio di calcolo dell’assegno di mantenimento (Corte di Cassazione, I civile, ordinanza 16 aprile 2025, n. 9915).
I fatti
Il marito chiede al Tribunale di Vercelli di dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio, senza ulteriori condizioni. La moglie chiede l’attribuzione di un assegno divorzile dell’importo di 700 euro mensili (poi ridotto a 200 euro in sede di precisazione delle conclusioni), oltre all’assegnazione per intero della casa coniugale.
Il Tribunale di Vercelli, in data 4/10/2022, dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato tra le parti; rigettava tutte le ulteriori domande di parte resistente e condannava la sig.ra S. alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente.
Il Tribunale dà atto che:
- le parti avevano contratto matrimonio concordatario celebrato in data 7/8/82.
- dall’unione erano nati due figli attualmente maggiorenni, economicamente autosufficienti e non più conviventi con i genitori.
- le parti si erano separate consensualmente.
- la separazione era stata omologata con decreto dei 18/10/2018.
L’utilizzo della casa familiare
Quanto alla domanda della moglie, volta ad ottenere un diverso assetto dell’utilizzo della casa familiare, rileva il primo Giudice che, nel caso di specie, i figli della coppia erano già maggiorenni ed indipendenti all’epoca degli accordi separativi, sicché l’assegnazione della casa coniugale non poteva costituire una misura assistenziale per il coniuge economicamente più debole. Il Tribunale rileva che non sussistevano i presupposti per l’assegnazione dell’intera casa coniugale (la proprietà del secondo piano della casa coniugale era rimasta in comproprietà indivisa al 50% tra le parti mentre il primo piano, sempre in comproprietà indivisa tra le parti, veniva utilizzato come abitazione dalla sig.ra, tutto secondo gli accordi separativi).
Sotto il profilo economico, le parti in sede di separazione consensuale avevano dichiarato di essere economicamente autosufficienti e di rinunciare alla richiesta di qualsivoglia mantenimento. Ciò premesso, sulla richiesta della moglie di attribuzione di un assegno di mantenimento a proprio favore, osserva il Tribunale che la stessa non aveva adempiuto in maniera puntuale all’allegazione di specifici fatti a sostegno della propria domanda, in particolare, seppur da un punto di vista reddituale la stessa percepiva uno stipendio mensile di 1.200 euro, dunque, inferiore, rispetto a quello del marito pari a circa 2.700 euro (non risultava peraltro provata, pur a seguito di escussione testimoniale, la percezione di ulteriori redditi da parte dello stesso, rendendo del tutto esplorativa la richiesta di indagini tributarie sul punto).
In assenza di prole o di figli non economicamente autosufficienti non sussistono i presupposti per provvedere all’assegnazione e gestione della casa coniugale
Comunque, nel caso di specie: la donna era dotata di capacità lavorativa; si era dedicata alla cura della famiglia, ma tale impegno non le aveva comportato il sacrificio di aspettative professionali. Non aveva né allegato, né provato che l’attività di imprenditrice agricola svolta precedentemente fosse più redditizia dell’impiego attuale; la casa coniugale era in comproprietà tra le parti ed attualmente era da lei abitata in via esclusiva. Il conto corrente in comune tra gli ex coniugi era stato alimentato in maniera differente nel corso degli anni (in misura maggiore da parte dell’ex marito percependo egli maggiori entrate reddituali) e il fatto che moglie avesse ottenuto più della metà delle somme depositate, in sede di accordi di separazione consensuale, rendeva plausibile che le parti avevano già operato le opportune compensazioni.
La Corte di appello conferma il primo grado precisando che: in assenza di prole o di figli non economicamente autosufficienti non sussistono i presupposti per provvedere all’assegnazione e gestione della casa coniugale.
Ed inoltre i coniugi si erano accordati su tale gestione in sede di separazione consensuale. Quindi non sussistono i presupposti per provvedere all’attribuzione di assegno di mantenimento, poiché l’ex moglie svolge regolare attività lavorativa. È stato provato che l’altro coniuge ha sempre coadiuvato la moglie alla gestione familiare e non è stato provato che abbia ulteriori redditi e in esecuzione degli accordi separativi l’ex moglie continua a beneficiare del 50% quale propria abitazione del primo piano della casa ex coniugale nonostante ne sia proprietaria al 50%, perché l’ex marito vive in un diverso alloggio preso in locazione; al momento non è intervenuta alcuna modifica nella comparazione delle situazioni reddituali e patrimoniali che possa giustificare l’attuale richiesta di assegno di mantenimento.
Il ricorso in Cassazione
La moglie si rivolge al vaglio della Corte di Cassazione. Lamenta la mancata attribuzione degli accertamenti di Polizia Tributari invocati, ritenendoli meramente esplorativi.
Ebbene, in tema di divorzio, il Giudice del merito, ove ritenga aliunde raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio attraverso la Polizia tributaria, atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella discrezionalità del Giudice del merito e non può essere considerato come un dovere imposto sulla base della semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche.
Le censure sono inammissibili.
La Corte d’appello ha esplicitamente accertato che lo squilibrio patrimoniale tra le due situazioni economiche patrimoniali tra gli ex coniugi era del tutto irrilevante per l’accertata posizione reddituale del marito, per le attribuzioni patrimoniali concordate ed anche perché l’ex coniuge non viveva nell’ex casa coniugale di cui era proprietario al 50% e si era trasferito in altro alloggio acquisito in locazione. In ogni caso, come già detto, il Tribunale aveva accertato anche che l’ex moglie non aveva rinunciato alle sue aspettative professionali.
L’accertamento dello squilibrio e l’assegno di mantenimento
Per l’ennesima volta la Cassazione ribadisce che l’assegno di divorzio, avente funzione anche perequativa-compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, presente al momento del divorzio, sia l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari.
Mentre, in assenza di prova di tale nesso causale, l’assegno può giustificarsi solo per esigenze strettamente assistenziali, ravvisabili laddove il coniuge più debole non abbia i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non possa procurarseli per ragioni oggettive.
La soluzione della Corte di Torino è logica e correttamente motivata.
Per le ragioni indicate, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese.
Avv. Emanuela Foligno
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