Accolto il ricorso di un automobilista accusato di aver provocato il decesso di un ciclista in seguito a una manovra di sorpasso
Con la sentenza n. 20091/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un automobilista condannato in sede di merito del reato di cui all’art. 589-bis, cod. pen, per avere – nel corso di una manovra di sorpasso di due veicoli, in presenza di linea continua di mezzeria, ed essendo costretto a rientrare repentinamente nella propria corsia di marcia, per il sopravvenire di una curva – investito il conducente di una bicicletta procedente nella stessa direzione di marcia e nella medesima corsia, cagionandone il decesso.
La dinamica dell’accaduto era stata ricostruita dal giudice di primo grado sulla scorta delle sommarie informazioni, rese nell’immediatezza del fatto e successivamente confermate, dall’unico teste oculare e dal nominato perito. Il primo aveva riferito che, mentre percorreva la strada statale alla guida della propria autovettura, veniva sorpassato da una Fiat 500 bianca che, superata anche una seconda auto precedente la sua, cercava poi di riposizionarsi velocemente sulla semicarreggiata di destra della strada, sbandando all’imbocco di una curva, così investendo il ciclista che procedeva nello stesso senso di marcia. Gli accertamenti svolti dal consulente avevano consentito di individuare il punto d’urto tra la bicicletta e l’automobile al centro della corsia di pertinenza dei due mezzi, a circa 20 metri dalla fine della curva sinistrorsa precedente il rettilineo in cui avveniva l’impatto.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte l’imputato deduceva, tra gli altri motivi, mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione con riguardo al concorso del ciclista nella causazione dell’evento.
A suo avviso, la Corte territoriale aveva liquidato in modo eccessivamente sintetico la questione e non aveva tenuto conto dell’unico elemento oggettivo rilevato dai Carabinieri, evidenziato nel c.d. “schizzo di campagna” che individuerebbe il punto d’urto come più vicino alla linea di mezzeria che al margine destro della carreggiata. S il ciclista si fosse mantenuto sul margine destro della carreggiata, il sinistro non si sarebbe verificato. Se la Corte territoriale avesse valutato questa circostanza sarebbe pervenuta a ridurre la pena ai sensi del comma 7 dell’art. 589-bis cod. pen., così come richiesto nell’atto di appello.
I Giudici Ermellini hanno ritenuto fondata la doglianza del ricorrente.
La circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma 7, cod. pen. – hanno evidenziato dal Palazzaccio – fa riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole: ipotesi che ricorre nel caso in cui sia accertato il c.d. “concorso di colpa” fra il presunto responsabile e altro utente della strada (la vittima, ma non solo essa).
La Cassazione ha precisato che la norma non evoca alcuna percentuale di colpa né in capo al colpevole, né in capo ad altri, con la conseguenza che anche una minima percentuale di colpa altrui potrà valere a integrare la circostanza attenuante.
Da li la decisione di accogliere il ricorso, atteso che la motivazione della sentenza impugnata sul concorso di colpa del ciclista appariva del tutto apodittica e, quindi, di fatto, inesistente, atteso che la questione era stata devoluta dall’imputato con specifico motivo di appello. Sul punto, peraltro, la sentenza di primo grado, pur nulla stabilendo al riguardo, aveva dato atto di quanto rilevato dallo stesso perito, e cioè che il ciclista, nel percorrere il breve rettilineo in ascesa che collegava le due curve presenti sulla strada in questione, viaggiava in prossimità del centro della propria corsia di marcia e non sul margine destro della carreggiata, come prescrive l’art. 143, comma 2, cod. strada.
Sul possibile concorso della persona offesa nella causazione dell’evento dovrà, dunque, pronunziarsi la Corte di merito in sede di rinvio.
La redazione giuridica
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