Inammissibili le doglianze del cittadino che contestava il rigetto della domanda volta ad ottenere l’assegno di inabilità e il riconoscimento dello status di handicap grave

Si era visto rigettare, in sede di merito, il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c, diretto ad ottenere l’accertamento dell’invalidità civile e quindi del requisito sanitario utile all’assegno di inabilità ex artt. 12 e 13 I.n. 118/71 nonché lo status di handicap grave.

Il tribunale, in particolare, aveva rigettato la domanda ritenendo che il ricorrente non avesse evidenziato, rispetto all’accertamento medico legale espletato nella fase dell’ATP, vizi logici o diagnostici tali da richiedere un nuovo accertamento successivo alla contestazione, essendosi limitato a esporre critiche consistenti in mero dissenso diagnostico.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 445 bis cpc co. 4 e 6 ( ex ad 360 mco.1 n. 3 c.p.c.) per non aver, il giudice a quo, riconosciuto le condizioni sanitarie utili alla prestazione richiesta, essendosi limitato a recepire le conclusioni della ctu, senza alcuna ulteriore indagine. Nello specifico, lamentava l’errata valutazione circa le critiche espletate alla prima ctu che avrebbero dovuto determinare un supplemento di perizia. Il ricorrente eccepiva, infatti, la mancata disposizione di nuova ctu, cui il giudice, a seguito delle contestazioni mosse a conclusione della prima fase di ATP, sarebbe tenuto.

Gli Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n. 28953/2021, hanno ritenuto inammissibile la doglianza proposta.

Il tribunale, nella impugnata decisione, aveva statuito che il ricorrente si era limitato a esporre critiche consistenti in mero dissenso diagnostico. Rispetto a tale precisa statuizione, che dà conto della scelta del tribunale di non disporre nuova ctu in assenza della specifica indicazione di errori materiali, diagnostici, valutativi, il ricorrente non aveva adeguatamente confutato tale decisione. I

ll motivo di censura, invero, risultava privo di specificazione non riportando il contenuto della ctu e delle critiche svolte cosiì impedendo di poterne valutare la eventuale fondatezza.

La Cassazione, a riguardo, ha chiarito che “il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’omessa od inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti così da rendere immediatamente apprezzabile dalla Suprema Corte il vizio dedotto”.

A tale rilievo deve peraltro aggiungersi che, a seguito di critiche alla ctu non possa individuarsi, a carico del giudice, un assoluto obbligo di rinnovo degli accertamenti peritali. La giurisprudenza chiarisce che “il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’ omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività”.

Deve quindi precisarsi che l’obbligo del rinnovo degli accertamenti peritali è ipotizzabile solo nell’ipotesi di pregressa omissione, nella precedente consulenza, di un fatto storico ed è denunciabile nei modi e nelle condizioni previste dall’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c, quale “fatto” la cui decisività assume valore assoluto in quanto determina, con certezza, un esito diverso della decisione. Fuori da tale recinto del vizio così articolato, nessun obbligo di rinnovo della ctu è evincibile nella norma in questione, poiché “il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova ctu, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto”.

La redazione giuridica

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