La rotazione della protesi mammaria sinistra può essere dovuta a circostanze esterne, piuttosto che ad una scorretta esecuzione dell’intervento di mastoplastica (Tribunale di Terni, sentenza n. 773 del 24 novembre 2020)

Una donna conviene a giudizio la Casa di cura privata e il Chirurgo per vedere accertata la loro responsabilità per i danni riportati a seguito dell’intervento di mastoplastica additiva eseguito nel 2011.

L’attrice deduce di essersi sottoposta in data 14 novembre 2011 ad un intervento chirurgico di mastoplastica additiva eseguito dal proprio Medico di fiducia presso la Casa di cura privata di Perugia e che pochi mesi dopo l’intervento accusava una sintomatologia dolorosa che diventava più marcata durante la gravidanza tanto da costringerla ad interrompere l’allattamento al seno tre mesi dopo la nascita della figlia.

A seguito di numerosi controlli specialistici ed esami strumentali emergeva una dislocazione della protesi della mammella sinistra con roteazione di circa 180 gradi e che, per tale ragione, nel 2015 si sottoponeva a intervento correttivo presso altra Struttura di Roma.

Si costituisce in giudizio la Struttura eccependo l’esclusiva responsabilità del Medico e la prescrizione estintiva del diritto quinquennale.

Si costituisce in giudizio anche il Chirurgo chiedendo il rigetto della domanda.

Preliminarmente il Tribunale osserva che è intercorso uno specifico accordo tra la paziente e il Medico e che entrambi sceglievano la Struttura sanitaria privata ove eseguire l’intervento.

Ne consegue che nei confronti del Medico sussiste una responsabilità di natura contrattuale.

Parimenti, riguardo la Struttura, anche se privata, si instaura un contratto di spedalità con il paziente, quindi, la stessa è chiamata a rispondere di eventuali fatti colposi commessi dal Medico.

Ciò posto, la natura contrattuale solleva il paziente dall’onere di provare la colpa del Medico, ma non dall’onere di provare il nesso di causa tra la condotta addebitata e il danno.

L’attrice, dunque, deve dimostrare che il peggioramento del suo stato di salute sia dipeso dalla condotta del Medico convenuto, dimostrando il nesso causale tra il suo operato ed il danno di cui chiede di essere risarcita.

Il Sanitario, invece, deve dimostrare di avere svolto la professione con diligenza  e che nel corso dell’espletamento della sua attività è sopravvenuto un determinato fattore esterno non superabile nemmeno con la diligenza richiesta al professionista medio.

L’attrice non ha assolto al proprio onere probatorio, sia riguardo l’erroneo adempimento della prestazione del Medico, sia riguardo il nesso causale.

Difatti, la donna ha iniziato ad accusare i primi dolori alla mammella sx agli inizi del 2013, a distanza di 2 anni dall’intervento, e non dopo pochi mesi.

Le dichiarazioni testimoniali hanno confermato che la paziente accusava i primi dolori nel 2014 durante la gravidanza.

Ne deriva, con molta più probabilità, che la sintomatologia dolorosa sia da attribuire allo stato gravidico e non all’errata esecuzione dell’intervento.

Inoltre, i controlli radiografici ed ecografici, eseguiti in tale periodo evidenziavano la presenza di tre noduli e un fibroadenoma alla mammella sx e durante le visite di controllo svoltesi nel 2012 la paziente nulla ha mai lamentato al Medico.

Della dislocazione della protesi mammaria sinistra con relativa rotazione di 180 gradi la paziente ha avuto contezza solo nel 2015, a distanza di quattro anni dall’intervento a cui si era sottoposta, e per di più attraverso un accertamento volontario.

Si deve desumere, dunque, che la paziente non sia in grado di individuare con esattezza il momento in cui tale rotazione sia avvenuta e provare la sua riconducibilità causale ad un errore del Medico convenuto a giudizio nell’esecuzione dell’intervento.

Al momento in cui tale rotazione è stata scoperta nel 2015, la paziente aveva subito dei significativi cambiamenti fisici in ragione della gravidanza e del conseguente allattamento al seno proseguito per tre mesi, nonché un importante evento traumatico nel quale essa stessa aveva rischiato di perdere la vita a causa di un sinistro.

In sostanza l’attrice attribuisce la responsabilità medica al convenuto per la cattiva riuscita dell’intervento deducendone l’errata esecuzione dal solo fatto che nel secondo intervento –correttivo- veniva applicata una protesi di volume doppio senza necessità di modificare la tasca protesica.

Tuttavia, tale teoria non è dirimente.

Il secondo intervento è stato intrapreso dalla paziente per risollevare e aumentare il volume del seno e prima della correzione la donna subiva significativi cambiamenti corporei per la gravidanza e il successivo allattamento.

Dette circostanze hanno inciso molto probabilmente sulla tenuta di un intervento estetico di mastoplastica additiva.

Inoltre, altro elemento da tenere in considerazione nella ricostruzione causale dei fatti, è l’evento traumatico subito dalla donna a soli trenta giorni dall’intervento del 2011, in cui la stessa ha rischiato la vita, subendo manovre di rianimazione, un trasporto in 118 ed un conseguente ricovero ospedaliero.

Secondo il Tribunale “una tale circostanza ha sicuramente avuto una incidenza sulla tenuta della operazione, soprattutto perché accorsa nel periodo post -operatorio dove invece si raccomanda il massimo riposo della paziente, con l’accortezza di evitare movimenti bruschi o improvvisi delle braccia e sollevamento di pesi importanti.”

Tutte le circostanze indicate inducono il Tribunale a ritenere più probabile che non che la rotazione della protesi mammaria sinistra sia dovuta a circostanze esterne, piuttosto che ad una scorretta esecuzione dell’intervento di mastoplastica.

Le testimonianze rese dai Medici che hanno svolto il secondo intervento, hanno dichiarato “che vi può essere una maggiore frequenza della rotazione della protesi nei casi in cui si registrano dopo l’intervento, eventi traumatici, gravidanza o cambiamenti ponderali” ……… “l’evento rotazione di una protesi anatomica costituisce complicanza naturale molto frequente negli interventi di mastoplastica additiva, soprattutto a seguito di eventi traumatici, gravidanze, parto, allattamento, aumenti o cali ponderali…..(….)… “nella eventualità dell’accadimento di alcune delle circostanze sopra elencate non è necessario un secondo intervento al seno”.

Dalla natura del secondo intervento infatti, come annotato nella cartella clinica, e confermato dalle prove orali escusse e dal consenso informato firmato dalla odierna attrice, si desume che questo non fu svolto per correggere errori derivanti da una precedente operazione chirurgica, ma come ” lifting al seno” allo scopo di risollevare ed aumentarne il volume.

In conclusione, il Tribunale, respinge le domande della donna condannandola al pagamento delle spese di lite.

Lascia un po’ perplessa la decisione a commento laddove, sebbene ben motivata, si basa sulle deposizioni testimoniali dei 2 Medici che hanno eseguito il secondo intervento sulla paziente. Tali Medici venivano indicati alla paziente dal professionista convenuto a giudizio che eseguiva il primo intervento.

Inoltre, non pare a chi scrive, che le deposizioni testimoniali possano superare una CTU Medico-legale che viene svolta da professionista incaricato dal Tribunale e super-partes.

Avv. Emanuela Foligno

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