La mediazione è, in potenza, uno strumento d’elezione per la definizione stragiudiziale del contenzioso e, per utilizzarla al meglio, è necessario conoscere a fondo l’istituto, e tutte le dinamiche e le possibilità legate al suo esperimento.
Per comprendere l’onerosità che il legislatore della Riforma Cartabia ha voluto prevedere per le ipotesi di ingiustificata partecipazione della parte invitata al procedimento di mediazione, commentiamo una recentissima sentenza del Tribunale di Mantova in tema di responsabilità civile di tipo contrattuale, la numero 255 del 14/8/2024.
In tale sentenza il Giudice adito – applicando, ratione temporis, il comma 4-bis dell’art. 8, D. lgs. 28/2010 – condanna la parte convenuta al pagamento, in favore dell’Erario, di una somma pari al contributo unificato, poiché la parte convenuta stessa non aveva dedotto “adeguate giustificazioni” in ordine alla mancata partecipazione al procedimento di mediazione obbligatoria (trattavasi, nella fattispecie, di contratti bancari e finanziari).
Avere ragione non è un valido motivo per non partecipare alla mediazione
Il Giudicante chiarisce, infatti, come non possa considerarsi un giustificato motivo – sempre ai sensi del comma 4-bis, articolo 8, del richiamato D. Lgs. – la valutazione prognostica, formulata dalla parte invitata – circa l’inutilità del procedimento di mediazione per la dedotta impossibilità di raggiungere un accordo conciliativo.
Avere ragione non è, quindi, un valido motivo per non partecipare alla mediazione, dato che partire da un punto di vista opposto dovrebbe essere la fisiologica premessa di ogni mediazione.
Tutt’oggi, invece, nel settore della responsabilità medica si leggono comunicazioni delle Aziende Sanitarie in regime di autoassicurazione non disposte a partecipare alla mediazione “perché il CVS non ha riscontrato responsabilità”.
Il Decreto Legislativo in tema di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili è stato aggiornato, nel 2023, dalla Riforma Cartabia che, in particolare all’art. 12-bis, ha normato le conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione. Vediamo in concreto quali siano le novità e le precisazioni apportate dal Legislatore della Riforma.
La sanzione civile di matrice normativa
- Il comma 2 dell’art. 12-bis prevede che, per i casi in cui la mediazione è obbligatoria, il Giudice condanna la parte processuale (anche vittoriosa) che non ha partecipato al primo incontro di mediazione senza giustificato motivo, al versamento all’Erario di una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio.
- Il comma 3 del predetto art. 12-bis è il vero grimaldello in grado di scardinare le condotte anti- deflattive delle parti processuali che disertano la mediazione senza giustificato motivo (è legittimo ed intuitivo ritenere che il complemento di causa presente nel secondo comma estenda la propria forza qualificativa anche al comma immediatamente successivo). Tale disposizione stabilisce infatti che, se richiesto, il Giudice in sentenza può condannare la parte soccombente che non ha partecipato alla mediazione al pagamento, in favore di controparte, di una somma equitativa non superiore, nel massimo, alle spese del giudizio.
Ora, per rendere al meglio l’idea della portata di questa sanzione civile di matrice normativa (perché di questo in sostanza si tratta), è bene ricordare che, da D.M. sulle tariffe forensi del 2022, il verosimile ammontare dei compensi legali per un processo in ambito civile di valore pari a 50.000 euro è di 13.138 euro.
Ben si comprende, in questi termini (rectius, in queste cifre), come la Riforma Cartabia abbia inteso appesantire la posizione di quanti, oggi, scelgono di non sedersi al tavolo della mediazione. Se, prima della riforma del 2023, il prezzo dell’assenza poteva ritenersi preventivato e contenuto nei 518 euro (per un processo di valore medio), allo stato, se la parte convenuta soccombe in giudizio senza aver prima tentato di conciliare in mediazione, può essere chiamata ad esborsare una somma superiore ai 13.000 euro, previsione che ha il sapore di una disposizione punitiva nei confronti di quanti non si adoperino in maniera pro-attiva per la riduzione del carico del contenzioso.
Le pubbliche amministrazioni e la mediazione
L’art. 12-bis in commento, inoltre, ha un quarto comma, il cui intento è quello di responsabilizzare massimamente le pubbliche amministrazioni che scelgono di non sedersi al tavolo della mediazione. Esse non solo andranno ad accollarsi il rischio – in caso di soccombenza – di essere condannate ad alleggerire notevolmente le casse dell’Ente di riferimento (si vedano i 13.138 euro di cui sopra a titolo esemplificativo) per una scelta politica evidentemente poco oculata, ma sapranno di dover sottostare, pertanto, al giudizio della Corte dei Conti. Il quarto comma dispone infatti che il Giudice trasmetta copia del provvedimento di condanna nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni – ai sensi dei precedenti due commi – al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti.
A riguardo, volendo evitare di dispensare giudizi prognostici, è quantomeno lecito dare voce ad un dubbio: come valuterà il Magistrato della Corte dei Conti l’ottuso esborso da parte di un Ente Pubblico di una cifra superiore ai 13.000 euro – occasionato da un improvvido contegno anti deflattivo – a discapito della possibilità di un ben più contenuto investimento di circa 800 euro (spesa per la Mediazione civile di una causa del valore di 50.000 euro), finalizzato peraltro all’esperimento della virtuosa prassi della conciliazione stragiudiziale?
Avv. Caterina Cristina Bressan
Avv. Donato Sandro Putignano