Confermata la condanna della parte datoriale al risarcimento del danno in favore degli eredi di una lavoratrice addetta alla produzione di manufatti in amianto deceduta a seguito di mesotelioma peritoneale

Con l’ordinanza n. 23720/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato dagli eredi del titolare di un’azienda manufatturiera condannati al risarcimento del danno non patrimoniale nei confronti degli eredi di una lavoratrice deceduta a seguito di mesotelioma peritoneale insorto a seguito dell’attività di operaia roccatrice, trecciatrice e tessitrice addetta alla produzione di manufatti in amianto nel periodo dal 11.12.1968 al 31.12.1981.

Il giudice di secondo grado aveva escluso che la prescrizione potesse decorrere dalla data di cessazione del rapporto del 31.12.1981 o dall’insorgenza nel 2002 della pleuropatia da asbesto evidenziando che la prima diagnosi del mesotelioma era datata al febbraio 2012 e che tale ultima patologia non costituiva una semplice evoluzione della prima malattia accertata ma piuttosto una malattia diversa.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, i ricorrenti eccepivano, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2934 e 2935 cod.civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod.proc.civ. sostenendo che che il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto ritenere prescritto il diritto al risarcimento atteso che il termine, decennale, decorreva dalla cessazione del rapporto di lavoro nel 1981 ovvero, comunque, dall’insorgenza della malattia nel 2002.

I Giudici Ermellini, nel ritenere infondata la doglianza proposta, hanno chiarito che la prescrizione decorre dal momento in cui il lavoratore ha potuto acquisire la piena consapevolezza non solo della malattia, con un danno alla salute apprezzabile, ma anche dell’origine professionale della stessa, indipendentemente da valutazioni meramente soggettive a lui ascrivibili. Con riguardo poi all’accertamento della data da cui far decorrere materialmente la prescrizione, la Corte territoriale, sulla base dell’indagine svolta dal consulente d’ufficio, aveva correttamente accertato che il mesotelioma peritoneale, diagnosticato nel febbraio 2012 e che poi aveva condotto a morte la lavoratrice, era malattia diversa e non aggravamento della pleuropatia accertata nel 2002. Si trattava, dunque, di un accertamento di fatto fondato sulle conclusioni rassegnate dall’ausiliario officiato in giudizio che poteva essere sindacato in sede di legittimità solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, di cui però sarebbe stato necessario indicare la fonte, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si poteva prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Nessuna di tali ipotesi ricorreva, tuttavia, nel caso in esame e pertanto la censura si risolveva in un mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico- formale e si traduceva, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice.

La redazione giuridica

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