In corso anche un procedimento penale a carico di un medico accusato di omicidio colposo per il decesso di una paziente morta a causa di una tromboembolia dopo un intervento di by-pass gastrico nel 2014

Il Giudice civile ha respinto la richiesta di risarcimento dei danni proposta dai familiari di una 40enne morta per una tromboembolia dopo un intervento di by-pass gastrico eseguito nel 2014 in una clinica di Pavia.

Come riporta la Provincia Pavese, il marito aveva agito nei confronti della struttura in cui la donna era stata operata e dell’ospedale del capoluogo di provincia lombardo dove si era presentata alcuni giorni dopo accusando dolori addominali e febbre alta, per poi essere dimessa – secondo l’accusa – senza ulteriori approfondimenti

Ma il Tribunale ha ritenuto non sussistente alcuna responsabilità delle convenute per il tragico evento.

Nello specifico, per quanto riguarda la Clinica, il Collegio ha evidenziato come la paziente, firmando il consenso informato, avrebbe accettato di fatto il rischio legato all’intervento. In riferimento, invece, al nosocomio, pur riconoscendo che i sanitari “hanno colpevolmente sottovalutato la situazione clinica in atto”, il Giudice ha comunque ritenuto, basandosi sulle risultanze di una consulenza tecnica di ufficio, di escludere “l’esistenza di un nesso causale che colleghi con certezza la condotta colposa all’evento luttuoso”. In altri termini, non vi sarebbe alcuna certezza che una diagnosi più tempestiva dell’embolia avrebbe potuto evitare il decesso.

Sul caso, tuttavia, è in corso anche un processo penale, che vede imputato, con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, il medico di turno al pronto soccorso. In sede di inchiesta, il magistrato titolare del fascicolo – come riferisce sempre la Provincia Pavese – aveva disposto una perizia dalla quale era emersa una “scarsa sollecitudine nella valutazione della paziente al primo controllo ambulatoriale”, nonché la “sottovalutazione radiologica del quadro addominale”, oltre a ulteriori dubbi in relazione alle decisioni prese in pronto soccorso. L’indagine, inizialmente archiviata, era sfociata, dopo l’opposizione della famiglia della vittima, nel rinvio a giudizio per il camice bianco ospedaliero, con il conferimento dell’incarico, da parte del Giudice, per lo svolgimento di una nuova consulenza.

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