I ricorrenti si erano costituiti in giudizio contro il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, nonché contro la Scuola Secondaria frequentata dal loro figlio minore disabile (affetto da ritardo mentale con compromissione del linguaggio), chiedendo che fosse riconosciuto a quest’ultimo il danno non patrimoniale subito a seguito delle gravi condotte discriminatorie poste in essere nei suoi confronti dall’intero personale docente e non, nell’anno accademico 2013-2014 (Tribunale di Livorno, Sez. Civile, 2014/2976).
Tali condotte sarebbero consistite in atti di discriminazione diretta e indiretta che avrebbero reso il minore destinatario di un trattamento palesemente differente rispetto a quello tenuto nei confronti degli altri alunni e tale da determinare, in molte occasioni, l’esclusione dello stesso e della sua famiglia dall’ambito scolastico, oltre ad essere di per sé gravemente lesivi per la sua dignità e libertà personale.
Come noto, l’ordinamento italiano vieta in maniera assoluta qualsiasi discriminazione in danno delle persone disabili, al fine di favorire quanto più possibile anche per tali soggetti il pieno godimento dei diritti civili, politici, economici e sociali (art. 3 Cost.).
Si legge in particolare, all’art. 2 della legge 104/1992, ove il legislatore detta una nozione di discriminazione, che:
1. il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità;
2. Si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga;
3. Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone;
4. Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità nei suoi confronti.
In altre parole, gli atti illeciti riconducibili al concetto di discriminazione sono distinti in: atti di discriminazione diretta, atti di discriminazione indiretta e atti di molestia che incidono sui valori fondanti della persona e posti in essere per ragioni connesse alla disabilità, della persona destinataria della molestia medesima.
Ma ad ogni modo, il legislatore ha inteso approntare, in questa sede, una disciplina in cui la natura discriminatoria dell’atto o del comportamento non dipendesse tanto dall’elemento soggettivo di colui che compie l’atto o tiene il comportamento, e quindi dalla volontà di discriminare dell’autore dell’illecito, né dal livello di percezione soggettiva che il disabile ha avuto della portata delle condotte altrui, bensì dalle conseguenze che detto atto o comportamento produce in termini di disparità di trattamento.
Ebbene, il Tribunale di Livorno, con una recente sentenza, ha affermato che tenere un bambino disabile chiuso in un’aula in modo tale da non permettergli di uscire, sol perché l’insegnante di sostegno è incapace di gestirlo o anche impedire allo stesso di fare ingresso in un aula nell’ora di lezione degli altri compagni di classe, rappresentano atti di discriminazione indiretta.
Parimenti deve ritenersi per l’ipotesi in cui al minore venga impedito di partecipare ad una gita scolastica organizzata dall’intera classe. Trattasi in questo caso di discriminazione diretta.
Nel caso in esame, si racconta che il giorno della gita fu lo stesso minore ad accorgersi che gli altri compagni di classe stavano uscendo dall’aula per dirigersi verso l’esterno della scuola. Lui stesso cercò di mettersi in fila insieme a loro, ma gli fu impedito dalla sua insegnante di sostegno, la quale approfittò di un suo momento di distrazione per far uscire gli altri in maniera “indisturbata”, spiegando poi che questi ultimi avrebbero fatto un’altra cosa.
Ebbene, non si può far finta di notare – afferma il Tribunale toscano – che la scelta della scuola di non permettere al minore di partecipare alla gita costituisce un atto di discriminazione diretta e, come tale, non può essere giustificato dal sol fatto che la classe doveva assistere ad una rappresentazione teatrale all’interno di uno stabilimento industriale e che ciò avrebbe comportato probabilmente problemi di gestione del minore.
Non soltanto. Tali atti risultano altresì gravemente lesivi della dignità del minore, il quale in prima persona ebbe modo di accorgersi dell’ennesima disparità di trattamento.
Nessuna giustificazione dunque, per la dirigenza scolastica. Questa, a parere del giudicante, avrebbe dovuto attivarsi al fine di trovare una strategia condivisa con la famiglia e con tutto il personale docente di sostegno, tale da permettere al piccolo di godere delle stesse opportunità serbate per gli altri compagni.
Invero, dall’istruttoria dibattimentale era emerso che anche le modalità di gestione delle comunicazioni scuola-famiglia fossero gravemente discriminatorie. Le stesse erano risultate infatti poco frequenti, se raffrontate con quelle degli altri compagni di scuola e, in particolar modo, erano totalmente assenti quelle relative ai sussidi economici e ad altre iniziative.
Occorre rammentare – afferma ancora una volta il tribunale del capoluogo toscano – che “le comunicazioni da parte della scuola devono essere frequenti e utilizzate quale strumento di collaborazione tra la famiglia e i docenti per monitorare gli alunni e per farne emergere i successi e i miglioramenti, e anche per far fronte comune alle criticità derivanti da eventuali disabilità”.
La vicenda purtroppo non è la sola, alla quale si ha, oggi, modo di assistere. Nel caso in esame, tuttavia, non può esservi alcun dubbio circa l’opportunità di dare una risposta positiva alla domanda di tutela del piccolo ricorrente, in ragione del suo diritto all’educazione e all’istruzione e, prima ancora, del diritto di non dover più subire discriminazioni nell’ambito scolastico a causa della propria condizione di salute.

Avv. Sabrina Caporale

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui