Anche in caso di sottoscrizione del modello CID l’onere di dimostrare la concreta sussistenza del danno resta a carico della parte danneggiata

Il modello CID contiene una presunzione circa le modalità del sinistro. Tuttavia, resta sempre a carico della parte danneggiata l’onere di dimostrare la concreta sussistenza del danno. La constatazione amichevole in caso di sinistro stradale non è quindi sufficiente a dimostrare l’ammontare dei danni subiti.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza n. 20382/2018. Gli Ermellini, nello specifico, si sono pronunciati sul ricorso presentato da un’autocarrozzeria cessionaria del credito di un’automobilista coinvolta in un incidente stradale.

La parte attrice aveva agito in giudizio nei confronti dell’altro conducente coinvolto nel sinistro e della sua compagnia di assicurazione. Chiedeva la condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro.

La pretesa era stata rigettata sia in primo grado che in appello. Secondo i giudici del merito, infatti, non era stata dimostrata la fondatezza della domanda risarcitoria. La carrozzeria aveva quindi presentato ricorso davanti alla Suprema Corte ma i Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto di confermare quanto già stabilito in secondo grado.

Per la Cassazione l’istanza risarcitoria del ricorrente non era stata adeguatamente dimostrata.

La dichiarazione contenuta nel modello CID, unita alle conclusioni del C.T.U., precludeva infatti un riscontro obiettivo della pretesa. L’ammontare del danno non poteva ritenersi dimostrato neppure dalla documentazione prodotta a supporto della domanda di risarcimento.

Il modello CID, del resto, limitandosi alla dicitura “tamponamento”, non permetteva in alcun modo di collegare con il sinistro la concreta domanda risarcitoria avanzata dalla carrozzeria. Il ricorso pertanto, risultava carente dal punto di vista dell’autosufficienza. Esso non diceva nulla sul contenuto effettivo del modello CID, né sul se e dove esso fosse stato messo a disposizione della Corte.

Inoltre, il ricorrente non aveva contestato in alcun modo la motivazione della sentenza di appello nella parte in cui spiegava che dalla documentazione prodotta non era deducibile alcuna prova effettiva del danno patito dalla vettura.

Per la Suprema Corte, infine, non sussisteva neppure la presunta violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 209 del 2005. Di qui il rigetto dell’impugnazione proposta con la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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