La provincia che ha fatto registrare, nel periodo 2012-2016, il più alto livello di  morti bianche o infortuni invalidanti, è quella di Avellino. Bene Gorizia e Biella.

Sono 4894 i lavoratori che nel 2016 hanno subito infortuni tali da compromettere gravemente la salute e la possibilità di lavorare. A questi si aggiungono 842 morti bianche. E’ quanto emerge da un’indagine della Fondazione studi dei consulenti sul lavoro. L’analisi è stata  realizzata in occasione della XV Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro in programma oggi, 28 aprile.

I dati sono tratti dagli open data INAIL sulle denunce di infortunio negli anni 2012 – 2016. L’indagine riguarda in particolare gli infortuni “in occasione di lavoro”, escludendo gli infortuni occorsi nel tragitto casa-lavoro.

L’89,1% degli infortuni occorsi durante l’attività lavorativa non ha prodotto menomazioni biologiche permanenti ma ha comportato la perdita di 4,8 milioni di giornate di lavoro. Il restante 10,9% degli infortuni ha provocato danni biologici di varia entità, facendo perdere 5 milioni di giorni lavorativi. Nei casi più gravi ha comportato l’abbandono dell’attività lavorativa fino addirittura alle morti bianche dei lavoratori.

La ricerca si sofferma in particolare sugli infortuni che determinano un danno biologico superiore al 15% compromettendo la capacità lavorativa fino ad annullarla completamente. Si tratta di una quota pari all’1,1% del totale degli infortuni sul lavoro. In quest’area si collocano le menomazioni di “entità media inferiore”, con un danno biologico compreso fra il 16% e il 25% che può pregiudicare gravemente l’attività lavorativa o, addirittura, fermarla. A seguire, nella scala della gravità, si collocano le menomazioni estremamente serie, che compromettono in modo definitivo e non recuperabile le funzionalità del soggetto leso.

La compromissione si estende, non solo alla capacità lavorativa, ma anche alle capacità relazionali, sociali e di vita autonoma dell’interessato.

Il settore produttivo che raggiunge il più alto livello di rischio è quello agricolo (3,4% sul totale degli infortuni). Seguono il settore delle costruzioni (3,3%), della lavorazione del legno (2,3%) e delle attività minerarie (2,2%). È il settore delle costruzioni, però, a far registrare la quota più elevata di incidenti mortali (4,2%).

La maggiore probabilità di infortuni invalidanti si riscontra tra i lavoratori con età superiore ai 55 anni. In tale fascia il 2,2% degli eventi infortunistici comporta un danno biologico superiore al 15% . Inoltre la probabilità di perdere la vita in caso di incidente è la più alta (3,6 casi ogni mille infortuni).

Le donne sono molto meno esposte a rischi infortunistici gravi. La percentuale di danni invalidanti (0,4%), per il genere femminile, è circa due terzi inferiore a quella degli uomini (1,1%). Se consideriamo il rischio di morte, la distanza diventa ancora più ampia.

A livello territoriale, il rischio di morte o di infortunio invalidante per i lavoratori del Mezzogiorno è triplo rispetto alle regioni del Nord Italia. La provincia che ha fatto registrare, nelperiodo 2012-2016, il più alto livello di infortuni gravi o mortali, è quella di Avellino (4,2%). Le province di Gorizia e di Biella, invece, si sono distinte per l’incidenza più bassa (0,5%), addirittura inferiore alla metà della media nazionale.

 

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