Un uomo è morto dopo uno scivolo al parco acquatico, battendo la testa al termine della discesa. La moglie ha chiesto il risarcimento dei danni, ma il giudizio civile ha sollevato dubbi sull’utilizzo delle prove penali nel processo civile. La Suprema Corte ha chiarito che le prove assunte nel processo penale (anche se tra parti diverse) e le sentenze relative sono liberamente valutabili nel giudizio civile (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 15 ottobre 2025, n. 27479 ).
I fatti
Il 5 luglio 2015, all’interno del parco giochi, la vittima, al termine di una discesa sullo scivolo acquatico denominato toboga, batte violentemente la testa sul fondo della piscina ove terminava lo scivolo. Sei giorni dopo perde la vita.
La moglie chiede giudizialmente la condanna del gestore della piscina al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti, prospettandone la responsabilità per violazione di norme di comune prudenza oppure, in subordine, per esercizio di attività pericolosa, ovvero ancora, quale custode della struttura.
La donna imputa al Giudice territoriale di avere fondato il suo libero convincimento sulle dichiarazioni rese nel processo penale, cioè dai bagnini addetti alla sorveglianza degli utenti del parco giochi: soggetti, tuttavia, incapaci a testimoniare, in quanto potenziali responsabili per l’occorso. Quanto dedotto è infondato in quanto le prove assunte in un processo penale (pur se celebrato tra parti diverse) e le sentenze ivi pronunciate (ancorché prive di formale efficacia di giudicato ex artt. 651 e 652 cpp), sono liberamente valutabili nel giudizio civile di danno alla stregua di prove precostituite e atipiche, sempre ché ritualmente prodotte e sottoposte al contraddittorio tra le parti.
Le prove penali valide anche nel processo civile
Correttamente il Giudice di merito, investito come in questo caso da una domanda risarcitoria, può utilizzare le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato e fondare l’accertamento dell’illecito su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, essendo in tal caso peraltro tenuto a procedere alla relativa valutazione con pienezza di cognizione al fine di accertare i fatti materiali all’esito del proprio vaglio critico.
Detto in altri termini, le prove assunte nel processo penale valgono nel processo civile come prove atipiche ammissibili, ma rimesse al prudente apprezzamento del Giudice di merito.
Ciò posto, nella specie, le dichiarazioni acquisite a S.I.T. dai bagnini nel corso del processo penale sono state considerate dal Giudice di appello come prove indiziarie, ritenute munite di efficacia asseverativa all’esito di un apprezzamento complessivo e comparativo con le ulteriori emergenze istruttorie.
La congiunta censura anche la mancata ammissione da parte della Corte d’appello della prova testimoniale articolata al fine di dimostrare la esatta dinamica del sinistro e lo stato dei luoghi. Censura poi la mancata ammissione della CTU richiesta per verificare la conformità dello scivolo alle norme tecniche regolanti specificamente tale tipo di impianto.
Parte delle censure sono fondate. Il giudizio sulla superfluità o sulla genericità di una prova per testimoni è insindacabile in Cassazione, involgendo una valutazione di fatto, che, tuttavia, può essere censurata se basata su erronei principi giuridici ovvero su incongruenze di carattere logico.
La dinamica del sinistro mortale
Ebbene, il giudizio di irrilevanza ed ininfluenza espresso dalla Corte di appello risulta, oltre che del tutto privo di motivazione, incoerente, perché i capitoli della prova orale avevano ad oggetto, la dinamica del sinistro mortale, riguardata sotto plurimi e dettagliati aspetti spazio-temporali, esponendo circostanze idonee a giustificare una ricostruzione della vicenda fattuale in termini conformi a quanto prospettato a suffragio della domanda risarcitoria e diversi (se non addirittura contrapposti) rispetto a quanto emergente dagli atti della indagine penale considerati invece decisivi dalla Corte di secondo grado.
Anche i capitoli di prova (sempre non ammessi) contenevano deduzione di elementi fattuali di natura oggettiva e suscettibili di cadere sotto la percezione sensoriale umana (la misura dell’altezza dell’acqua nella parte terminale dello scivolo, la connotazione ruvida del fondo di esso, i movimenti compiuti dalla vittima nell’occorso).
L’escussione testimoniale su dette circostanze appare idonea a dimostrare in punto di fatto, la veridicità dell’assunto attoreo, cioè a dire una differente eziologia dell’evento mortale, presupposto per affermare la responsabilità (quantomeno concorrente) della convenuta nella causazione dell’evento.
Il rigetto della prova orale statuito dal Giudice di merito concreta anche lesione del diritto di difesa, il quale si traduce nel diritto di provare il fondamento della propria pretesa. La sentenza gravata viene cassata per tali ragioni e rinviata alla Corte di appello, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno






