Nessun risarcimento per il carcinoma alla mammella non diagnosticato, manca il nesso causale

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La questione controversa riguarda l’insussistenza del nesso di causalità materiale tra l’omessa diagnosi del 14 aprile 2010 e i danni asseritamente patiti dalla paziente per un carcinoma alla mammella (Cassazione Civile, sez. III, 20/05/2024, n.13910).

Il caso

La paziente cita in giudizio la Fondazione “L.T.” di Martina Franca deducendo che:

  • a) in data 14 aprile 2010 si sottopose presso la struttura ospedaliera convenuta ad esame mammografico conclusosi con esito negativo, ferma la rilevazione di formazioni nodulari solide e contorno netti, di diametro massimo di 17 mm, di natura benigna;
  • b) in data 17 gennaio 2012 si sottopose, presso la medesima struttura, ad nuovo esame radiografico che conduceva ad un referto in tutto sovrapponibile al primo;
  • c) in data 3 luglio 2012, avendo notato a seguito di autopalpazione la presenza di un nodulo, si recò questa volta presso la struttura sanitaria Viterbo-Di Carlo di Castellana Grotte (BA) ove, diagnosticata la presenza di un carcinoma alla mammella infiltrante, venne sottoposta d’urgenza nei giorni immediatamente successivi ad intervento chirurgico di mastectomia radicale con impianto di protesi e conseguente terapia chemioterapica.

Considerando l’evento addebitabile sia alla struttura sanitaria, per inadeguatezza dei macchinari utilizzati per effettuare l’esame mammografico, non sottoesposti, che alla concorrente negligenza della radiologa che aveva proceduto alla esecuzione e alla lettura degli esami diagnostici, la donna chiede il risarcimento dei danni per oltre 150 mila euro.

Il rigetto di primo grado

Il Tribunale di Lecce, rigettava integralmente la domanda attorea sulla base di due motivazioni.

  1. nessuna responsabilità poteva essere riconosciuta in occasione della mammografia del 14 gennaio 2010, in quanto la paziente non ha fornito la prova che la mancata tempestiva diagnosi fosse, secondo il criterio del più probabile che non, causalmente riconducibile alla inadeguatezza della apparecchiatura medica usata nonché alla negligenza della radiologa, non potendosi sostenere una “automatica equivalenza tra il ritenere un esame tecnicamente inadeguato e l’affermare che un esame tecnicamente ottimale avrebbe senz’altro consentito una precoce diagnosi della neoplasia”, aderendo sul punto alle perplessità sollevate in merito dalla CTU, in dubbio su “se un’indagine tecnicamente adeguata avrebbe potuto evidenziare la neoplasia ovvero se per le sue (all’epoca) ridotte dimensioni e/o le caratteristiche strutturali delle mammelle, la stessa sarebbe rimasta comunque ignota”.
  2. nessuna responsabilità poteva dirsi sussistente neppure in occasione della mammografia del gennaio 2012, “epoca in cui la neoplasia era sicuramente presente e chiaramente individuabile“, non potendosi sostenere, sempre condividendo le conclusioni del CTU, che l’accertata omessa diagnosi fosse stata la causa più probabile che non dell’aggravamento della malattia, “non potendosi affermare (…) che nel giro di sei mesi un tumore a lenta crescita come quello in questione possa essere passato da uno stadio I ad uno stadio II”, ovvero che essa abbia inciso al momento della scelta dell’intervento terapeutico di mastectomia “tenendo conto che comunque nel caso di specie la mastectomia radicale sarebbe stata il trattamento chirurgico di elezione”.

Successivamente, la Corte di Appello di Lecce conferma integralmente la sentenza di primo grado con decisione del 27/4/2021, reiterando il mancato assolvimento dell’onere della prova.

L’intervento della Cassazione

Dinanzi alla Suprema Corte la paziente insiste nel lamentare la errata refertazione dell’esame ecografico e la responsabilità della struttura.

Preliminarmente, anche gli Ermellini ritengono non assolto l’onere della prova in capo alla paziente e danno atto che i Giudici di secondo grado hanno deciso “sulla base del principio di non contestazione e delle risultanze documentali” affermando che nessuna responsabilità poteva dirsi sussistente in capo alla struttura e alla radiologa in occasione del primo accesso (14 aprile 2010).
In quanto bisognava escludere che la mammografia effettuata in quella data avrebbe consentito di individuare la neoplasia, e ciò poiché da un lato, risultava accertato che all’esito del referto fossero state rilevate solo masse benigne e che, dall’altro, nessuna censura in ordine alla inadeguatezza delle apparecchiature poteva essere mossa né con riferimento alla radiografia (diversamente non sarebbero stati rilevati i noduli e le relative dimensioni), né con riferimento alla mammografia, in quanto indipendentemente dalla apparecchiatura utilizzata, il carcinoma alla mammella, se già presente (fatto che avrebbe dovuto essere provato, anche a mezzo di presunzioni dalla paziente), non avrebbe potuto essere rilevato dal predetto esame; egualmente dicasi in occasione del secondo accesso (12 gennaio 2012), in quanto anche laddove la patologia tumorale fosse stata diagnosticata in quella occasione la diagnosi sarebbe stata uguale”.

L’omessa diagnosi non ha inciso sull’aggravamento del carcinoma alla mammella

In altri termini, anche ad ammettere la sussistenza di una responsabilità in punto di omessa diagnosi a far data 12 gennaio 2012, è stato escluso che essa abbia inciso o sull’aggravamento della malattia, ovvero sul tipo di intervento cui la donna è stata sottoposta in quanto “trattavasi di una neoplasia retro aureolare, che non poteva essere trattata chirurgicamente in maniera diversa”.

Ad ogni modo, la Corte territoriale ha preso in considerazione anche l’esame ecografico, contestuale alla mammografia del 17 gennaio 2012, ritenendo che, seppure vi fosse stato un riscontro “oggettivamente rilevabile, egualmente l’operazione (mastectomia radicale) sarebbe stata identica.

Il ricorso della paziente viene integralmente respinto per inammissibilità e i Giudici non mancano di sottolineare che la danneggiata, trattandosi di doppia conforme, non ha messo a confronto la sentenza di primo e di secondo grado, al fine di evidenziare come il fatto (asserito carente-errato esame ecografico), preso asseritamente in considerazione dal primo Giudice ai fini del decisum sia stato viceversa omesso dalla Corte territoriale.

Avv. Emanuela Foligno

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