Parametri per la liquidazione del danno e patologie pregresse

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I Giudici di appello hanno erroneamente applicato i parametri per la liquidazione del danno non considerando l’età che la vittima aveva al momento del sinistro, bensì quella alla stabilizzazione dei postumi (Cassazione Civile, sezione lavoro, 16/05/2024, n.13701).

La vicenda

La funzionaria in servizio a Reggio Calabria riportava un “trauma lombosacrale con cedimento del piano superiore L1” a causa di una caduta dalle scale e chiede il risarcimento del danno biologico e di un equo indennizzo al Ministero della Giustizia, suo datore di lavoro.

Il Giudice del lavoro del Tribunale di Reggio Calabria respingeva la domanda per mancanza di una specifica individuazione delle patologie e delle conseguenze dannose sull’integrità psicofisica riconnesse alla caduta dalle scale. Invece, la Corte d’Appello capovolge completamente la decisione di primo grado e condanna il Ministero a risarcire alla funzionaria oltre centocinquantamila euro, confermando il diniego all’equo indennizzo.

Il ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione viene investita della questione dell’errato parametro dell’età nella liquidazione del danno e della questione inerente la risarcibilità del danno per patologia concorrente con patologia pregressa.

Nello specifico, la donna si duole della scelta della Corte di Appello di liquidare il danno applicando le tabelle di Milano con riferimento all’età di 61 anni, che ella aveva al momento della stabilizzazione dei postumi (avvenuta nel 2014), invece che all’età di 53 anni, che ella aveva al momento del sinistro (20/10/2006). Altresì, deduce che la Corte calabrese non avrebbe motivato il discostamento dalle risultanze della CTU, la quale – correttamente – aveva indicato come termine di decorrenza del danno quello corrispondente alla data dell’infortunio. Infine, non viene condivisa la decisione laddove ha escluso il nesso causale tra il sinistro e alcune patologie riscontrate in sede di CTU, conseguentemente riducendone la quantificazione dal 45% al 38%.

Le prime due censure sono corrette e vengono accolte.

La valutazione del danno in base all’età

La valutazione del danno alla salute, oltre a tenere conto la particolarità del caso, ed altri parametri, deve essere parametrata all’età del danneggiato al momento dell’evento lesivo. Difatti, sono stati utilizzati i valori del punto delle tabelle milanesi considerando un’età (61 anni) diversa da quella che la vittima aveva al momento del sinistro (53 anni). Senza, inoltre, dare alcuna motivazione per tale scostamento dalle previsioni tabellari. Erroneamente i Giudici hanno utilizzato la “stabilizzazione dei postumi” per individuare l’età della vittima rilevante ai fini del calcolo del valore del danno alla salute, ma non hanno esplicitato il motivo di tale scelta, che non tiene conto del fatto che il danno alla salute sussiste anche prima di stabilizzarsi e va ricondotto al momento del verificarsi dell’infortunio.

Patologie pregresse

Sulla patologia concorrente con altra pregressa, la lavoratrice non condivide l’esclusione del nesso causale tra il sinistro e alcune patologie riscontrate in sede di CTU, conseguentemente riducendone la quantificazione dal 45% al 38%, tuttavia la S.C. ritiene che la doglianza non colga la ratio sottesa alla decisione.

Non è in discussione il fatto che alcuni aspetti del quadro clinico riscontrato dal CTU (danno anatomico polmonare, cuore polmonare con contestuale patologia ipertensiva, disturbo post-traumatico reattivo) trovavano riscontro in patologie preesistenti al sinistro. La ricorrente osserva, giustamente, che ciò non esclude il nesso causale tra il sinistro e l’aggravarsi di quelle patologie o con l’insorgere di ulteriori complicanze, sicché avrebbe errato la Corte d’Appello ad escluderle dalla liquidazione del danno alla salute.

Invece, la Corte di Appello non ha escluso quelle patologie dalla liquidazione del danno alla salute, ma ne ha appunto limitato l’incidenza in considerazione del fatto che trovavano origine anche in una situazione pregressa. Infatti, nel dettaglio delle quantificazioni del CTU, le tre patologie in questione incidono per il 17% (4% + 10% + 3%). Se il Giudice d’appello avesse inteso sottrarle dal danno alla salute risarcibile, avrebbe dovuto quantificare il danno complessivo nel 28% (45% complessivo, indicato dal C.T.U., da cui sottrarre il 17%). Invece, il danno alla salute complessivo è stato determinato in sentenza nella misura del 38%, il che dimostra che l’incidenza delle patologie in questione è stata attenuata dal Giudice d’appello, ma non esclusa.

Avv. Emanuela Foligno

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