Incidente e danno da lucro cessante per mancato guadagno lavorativo

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La vicenda tratta un tamponamento a catena sull’autostrada A3 avvenuto il 20/12/1998. La particolarità di questa decisione riguarda la domanda avanzata dalla vittima per il riconoscimento patrimoniale del danno da lucro cessante per mancato guadagno lavorativo e per l’interruzione degli studi universitari causati dal sinistro stradale (Cassazione Civile, sez. III, 17/05/2024, n.13774).

Il caso

L’autovettura condotta dalla vittima veniva violentemente tamponata, con serie lesioni fisiche alla persona. L’attore chiedeva la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, tra cui il danno da lucro cessante per mancato guadagno lavorativo e per abbandono degli studi universitari.

Il Tribunale condannava l’U.C.I. al risarcimento dei danni non patrimoniali, ma respingeva il danno patrimoniale ritenendolo non provata la perdita della capacità di lavoro specifica. Anche la Corte di Appello di Salerno ha ritenuto mancante la prova sia delle effettive mansioni svolte alle dipendenze delle società presso cui aveva lavorato, sia degli studi universitari e della loro interruzione a causa del sinistro, sia di quali fossero i redditi conseguiti prima e fino al momento del sinistro stradale che evidenziassero una differenza reddituale rispetto al periodo successivo.

Il danneggiato interpella la Suprema Corte sul mancato riconoscimento del danno patrimoniale

Viene dedotto che la Corte d’Appello di Salerno avrebbe escluso la prova dei mancati guadagni futuri ritenendo erroneamente che fosse stata versata in atti la sola documentazione reddituale relativa al periodo successivo al verificarsi del sinistro, e non anche quella comprovante la situazione antecedente al medesimo. Lamenta inoltre che la Corte non avrebbe ritenuto idonea la censura volta a contestare la mancata allegazione delle effettive mansioni svolte e avrebbe errato nel ritenere che l’onere della prova del danno da lucro cessante non fosse stato assolto, potendo, sulla base della giurisprudenza, il Giudice operare a mezzo di presunzioni semplici salva la determinazione equitativa dell’ammontare del danno in assenza di prova certa del suo ammontare.

Le censure non sono ammissibili. Per quanto riguarda la documentazione inerente la capacità reddituale, essa non risulta identificata, né riprodotta, né localizzata, così da non porre la S.C. in condizioni di poter autonomamente apprezzare la censura.

La Corte di appello, richiamando quanto accertato dal CTU in ordine alla riduzione di grado medio della capacità lavorativa generica della vittima, ha ritenuto non provate né le mansioni ricoperte prima dell’incidente, né la diminuzione del reddito, così da confermare il rigetto della impugnazione sul punto del mancato riconoscimento del danno da lesione della capacità di lavoro specifica.

La vittima non ha prodotto la giusta documentazione

I Giudici di appello, inoltre, insistono sulla mancanza di prova documentale degli studi universitari e di quali fossero i redditi conseguiti prima e fino al momento del sinistro. Ritengono che la vittima si era limitata a produrre dichiarazioni fiscali atte a provare che, dopo il sinistro avvenuto nel 1998 e fino al mese di febbraio 2002, aveva percepito redditi da lavoro dipendente, rassegnando poi le dimissioni.

Infine, la vittima fa riferimento a un atteggiamento di non contestazione da parte della controparte circa le risultanze della CTU senza considerare che la Corte di appello ha riferito la “non contestazione” solo alla percentuale del 42% relativa alla perdita della capacità lavorativa generica coincidente con la difficolta a mantenere una prolungata posizione eretta, e non anche alla capacita di lavoro specifica che, appunto, è stata ritenuta non provata.

Avv. Emanuela Foligno

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