Non può essere invocato lo stato di necessità, come esimente del reato di occupazione abusiva di immobili, se esiste un mero disagio abitativo e non l’effettiva urgenza di trovare un alloggio e risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa

La vicenda

Il Giudice di Pace di Termini Imerese aveva assolto due imputati dall’accusa di concorso in occupazione abusiva di cui agli artt. 110 e 633 c.p., loro ascritto “perché il fatto non costituisce reato”.

Con un unico motivo di ricorso, il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo aveva proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione di legge per essere stata riconosciuta la scriminante dello stato di necessità sulla base di circostanze non accertate in concreto, bensì ritenute meramente “verosimili” o “probabili”.

Secondo l’accusa l’esimente non era applicabile al caso in esame, sia perché era stato accertato un mero disagio abitativo e non l’urgenza assoluta ed improrogabile di un alloggio, sia perché non era stato invocato l’ausilio dei servizi sociali o di altre istituzioni pubbliche di assistenza che avrebbero potuto evitare l’urgenza improrogabile di una abitazione.

La Seconda Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 10694/2020) ha accolto il ricorso perché fondato.

Invero, la sentenza impugnata aveva riconosciuto la scriminante dello stato di necessità senza evidenziare alcuno degli elementi riconosciuti dalla giurisprudenza di legittimità come necessari per la configurazione della scriminante in parola.

Era pacifico che, nel caso di specie, si fosse in presenza di una fattispecie non rientrante in materia di edilizia residenziale pubblica, ma dell’occupazione abusiva di una villetta sottoposta a custodia in un procedimento di esecuzione immobiliare. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’illecita occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., sempre che ricorrano, però, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo (Sez. 6, n. 28115 del 05/07/2012), elementi in alcun modo evidenziati nella sentenza impugnata, se non con un generico riferimento all’”esigenza di un alloggio” da parte dei due imputati.

La decisione

In tal modo la corte territoriale non si era conformata alla citata giurisprudenza della Suprema Corte che, nel riconoscere un’interpretazione estensiva del concetto di danno grave alla persona, mediante l’inclusione dei diritti inviolabili, impone, però, una più attenta e penetrante indagine giudiziaria, diretta a circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui siano indiscutibilmente presenti gli altri elementi costitutivi della stessa, quali i requisiti della necessità ed della inevitabilità del pericolo, tenuto conto delle esigenze di tutela dei diritti dei terzi, involontariamente coinvolti, diritti che non possono essere compressi se non in condizioni eccezionali e chiaramente comprovate (Sez. 2, n. 24290 del 19/03/2003); ed evidenziando che lo stato di necessità può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa (Sez. 2, n. 9655 del 16/01/2015).

Per queste ragioni la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio ad altro giudice di pace del medesimo ufficio.

La redazione giuridica

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