L’omesso versamento dei contributi costituisce reato soltanto se supera di almeno la metà della somma mensilmente dovuta. Lo ha affermato la Terza Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 44508/2019 in commento

Il chiaro disposto di cui all’art. 37, primo comma, L. 689/1981 conferisce rilevanza penale alle condotte omissive e commissive considerate «quando dal fatto derivi l’omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie per un importo mensile non inferiore al maggiore importo fra € 2.582,28 mensili e il cinquanta per cento dei contributi complessivamente dovuti».

La soglia sta a indicare che se i contributi mensilmente dovuti non superano l’importo di € 5.164,56 (il doppio della somma indicata dalla norma) – vale a dire nel caso di imprese con pochi dipendenti – quand’anche l’omissione contributiva riguardi una significativa percentuale del dovuto e sia superiore al cinquanta per cento di questo, occorrerà comunque che l’importo superi quella soglia ritenuta minima pari a € 2.582,28; e ciò all’evidente intento di non considerare penalmente rilevanti le situazioni di irregolarità (o falsità) concernenti uno o pochissimi dipendenti nell’ambito di imprese che occupino un esiguo numero di lavoratori.

La pronuncia della Cassazione

“Se così non fosse, – hanno affermato i giudici della Terza Sezione Penale della Cassazione (n. 44508/2019) – in tali ridotte realtà di impresa, il superamento della soglia del cinquanta per cento rispetto ai contributi dovuti potrebbe essere raggiunto anche nel caso di omissioni di modestissimo importo.

Laddove, invece, l’impresa raggiunga un minimo di consistenza di personale, di tal che l’importo mensile dei contributi dovuti sia superiore al doppio dell’indicata somma minima, le omissioni sono penalmente rilevanti soltanto se superano almeno la metà dei contributi mensilmente dovuti: più quest’ultimo importo è elevato e maggiore deve essere il quantum dell’omissione per integrare gli estremi del reato”.

Di tali principi non aveva fatto corretta applicazione la corte di merito, che aveva confermato la pronuncia di condanna a carico dell’imputato, per aver omesso l’obbligatoria registrazione dei lavoratori dipendenti della società cooperativa di cui era legale rappresentante, da cui erano derivate omissioni contributive in misura superiore alle soglie di legge per numerose mensilità (reato previsto e punito dall’art. 37, L. 24 novembre 1981, n. 698).

Ebbene, i giudici dell’appello, anziché considerare se i contributi omessi fossero superiori al 50% di quelli complessivamente dovuti, si erano limitati ad accertare che questi ultimi superassero del 50% di quanto versato.

In realtà, nei mesi oggetto di contestazione l’importo dei contributi da versare andava da poco meno di € 25.000 a poco meno di € 41.000, ma in nessun caso l’omissione aveva superato la metà di quelli dovuti.

Benché, infatti, in tutti i mesi l’omissione superasse ampiamente l’importo di € 2.582,28, ciò non consentiva di ritenere integrato il reato, venendo appunto in rilievo l’altro, alternativo, indicatore di soglia variabile richiesto dalla norma incriminatrice”

Tale indicatore – hanno concluso gli Ermellini – richiede di quantificare e confrontare l’incidenza percentuale dei contributi omessi rispetto a quelli dovuti e non il contrario, come erroneamente fatto dalla corte d’appello.

Per queste ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio perché i fatti di reato non sussistono.

La redazione giuridica

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