Omicidio colposo stradale per investimento del pedone

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Omicidio colposo stradale per investimento

Omicidio colposo stradale (Cassazione penale, sez. IV, dep. 06/11/2023, n.44364).

Investimento del pedone e condanna per omicidio colposo.

La Corte di Appello di Sassari, riformando la sentenza di assoluzione di primo grado, condannava l’automobilista alla pena di mesi otto di reclusione, con i benefici di legge, per il delitto di omicidio colposo.  All’imputato era stato addebitato che alla guida della propria autovettura Fiat Bravo, per colpa consistita nel non adeguare la propria condotta di guida alle condizioni dei luoghi aveva investito, urtandolo con lo specchietto retrovisore destro, il pedone , che cadeva per terra urtando violentemente la testa, riportando trauma commotivo e fratture multiple, e decedeva per le lesioni riportate.

La Corte d’Appello, in accoglimento del gravame proposto dal pubblico Ministero e ribaltando il giudizio del Tribunale di Nuoro – secondo cui non poteva ritenersi dimostrata la reale dinamica del sinistro,  procedeva alla rinnovazione dell’istruttoria e concludeva nel senso che l’imputato avesse violato la regole di comportamento che impongono l’adeguamento della condotta di guida in misura tale da poter far fronte a situazioni di pericolo, anche se determinate da comportamenti imprudenti altrui, purché prevedibili e che, nel caso concreto non si fosse trovato nella oggettiva impossibilità di avvistamento del pedone, non avendo tempestivamente posto in essere le manovre necessarie ad evitare l’urto.

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione l’imputato. Con il primo e secondo motivo lamenta che la Corte di merito, avrebbe ricostruito la dinamica del sinistro in assenza di perizia cinematica richiesta dalla difesa, in palese difformità rispetto alle emergenze processuali e alle perizie medico legali, e aveva ritenuto, per effetto di travisamento della prova, sussistente la violazione delle norme del codice della strada con addebito di colpa in capo all’imputato. Inoltre, lamenta mancata assunzione di una prova decisiva, consistente nella perizia cinematica richiesta, indispensabile ai fini della ricostruzione della esatta dinamica del sinistro. La Corte era giunta alla conclusione che velocità dell’auto dell’imputato non fosse adeguata alla situazione concreta desumendo tale giudizio da indici probatori del tutto travisati. La Corte territoriale aveva inspiegabilmente svalutato risultanze probatorie importanti quali quelle del verbale di accesso al pronto soccorso, dal quale risultava che il paziente aveva riferito di essere caduto inciampando, non prendendo in considerazione una ipotesi ricostruttiva secondo cui, a seguito di caduta autonoma, la persona offesa, soggetto con gravi patologie, avrebbe improvvisamente invaso la carreggiata urtando con lo specchietto retrovisore con la parte posteriore destra del busto. Vi era dunque stato un evidente travisamento della prova.

Le doglianze vengono considerate infondate.

I Giudici di appello hanno nuovamente  analizzato tutte le risultanze probatorie acquisite all’esito della rinnovazione istruttoria, e disposta una perizia medico legale, e hanno coerentemente argomentato sulla certezza del fatto che il pedone fosse stato spinto dallo specchietto dell’auto sulla base delle seguenti ed esaustive considerazioni: 1) la moglie dell’imputato, seduta sul lato passeggero proprio dalla parte della strada ove transitava il pedone aveva testualmente riferito “praticamente quest’uomo ha beccato lo specchietto, ha fatto una giravolta ed è caduto a terra”; stesse dichiarazioni erano state rese dall’imputato in sede di esame; 2) le lesioni riscontrate sulla vittima da parte dei periti, e ritenute dovute all’urto con un corpo contundente, localizzate nella parte postero laterale destra, dimostrano che il pedone, al momento dell’urto, si trovava in posizione eretta; 3) se il pedone fosse caduto prima del passaggio della vettura, come ritenuto in primo grado, non avrebbe potuto riportare alcuna lesione da urto all’altezza della regione lombare destra; 4) anche la deposizione di un altro teste, confermava le risultanze descritte, avendo il teste riferito che subito dopo il transito della vettura condotta dall’imputato la vittima era caduta per terra sbattendo la testa, proprio dietro la vettura medesima. Del tutto coerentemente, quindi, la Corte territoriale ha escluso la necessità di procedere a perizia cinetica ricostruttiva della dinamica dei fatti, avendoli ricostruiti sulla scorta degli elementi testimoniali.

La invocata CTU cinematica, quindi, sarebbe prova priva del carattere di decisività, in quanto inidonea ad intaccare la struttura portante della decisione di riconoscere gli estremi del reato di omicidio colposo stradale.

Per quanto attiene al profilo della colpa la Suprema Corte osserva che l’art. 141 C.d.S., nel regolare la velocità di circolazione degli autoveicoli, stabilisce anche che il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

Non esclude la colpa la circostanza che la vittima non abbia rispettato le regole di prudenza su di essa incombenti; ciò in quanto è comune esperienza che nella circolazione stradale non può farsi affidamento sulla assoluta diligenza e rispetto delle regole degli utenti della strada. Con specifico riferimento all’investimento del pedone, poi, il conducente del veicolo va esentato da responsabilità per l’investimento solo quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento.

Pertanto, è corretta la decisione di appello e non vi è nessun difetto di motivazione laddove la Corte di merito, nell’affermare la responsabilità dell’imputato per omicidio colposo stradale, ha rilevato da parte sua la violazione di ordinarie regole di diligenza e prudenza (colpa generica), nonché di specifiche disposizioni del C.d.S. (colpa specifica), e che tale condotta colposa (causalmente efficiente) è stata posta in essere a fronte di un evento prevedibile ed evitabile.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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