Liquidazione del danno parentale e sistema a punti (Cassazione civile, sez. III, 18/04/2023, n.10335).

Precisazione sul sistema a punti nella liquidazione del danno parentale.

Il giudizio trae origine da un sinistro stradale, in cui ha perso la vita una donna, travolta da una motocicletta che transitava a velocità sostenuta. Nell’impatto decedevano anche il conducente della moto e il terzo trasportato.

Gli eredi della donna citavano a giudizio l’Assicurazione e la proprietaria del motociclo. Il Tribunale di Reggio Calabria, pur riconoscendo la responsabilità del motociclo a la Milano Assicurazioni tenuta al risarcimento, rigettava la domanda principale e quella riconvenzionale dichiarando l’estromissione dal giudizio dell’Assitalia e compensando le spese di lite fra le parti.

Il Tribunale ha ritenuto che: a) i parenti avessero agito in giudizio iure hereditatis e non iure proprio; b) non fosse possibile configurare qualsivoglia danno biologico e/o morale maturato in capo al de cuius e trasmesso per successione agli eredi perché la donna era deceduta a distanza di un’ora dall’incidente, dopo essere stato trasportata in stato di coma.

La Corte d’Appello di Reggio Calabria, accoglieva parzialmente l’appello principale, condannava al risarcimento dei danni patiti iure proprio dagli attori, rigettando per il resto l’appello principale; accoglieva l’appello incidentale di Milano Assicurazioni escludendo che fosse stata fornita la prova dell’esistenza di un valido contratto di assicurazione, e riteneva passata in giudicato la statuizione relativa all’estromissione dal giudizio della Società Assitalia. Riconosceva, quindi, quale unico destinatario della condanna al risarcimento del danno la proprietaria della moto.

La vicenda approda in Cassazione.

I ricorrenti sostengono che la Corte territoriale abbia stravolto le risultanze istruttorie e avrebbe erroneamente ritenuto non assolto, da parte degli attori, l’onere di provare l’esistenza di un valido contratto di assicurazione con la società Milano Assicurazioni; avrebbe inoltre erroneamente ritenuto insussistente il danno da perdita del rapporto parentale (sotto il profilo della diminuzione o modificazione delle attività dinamico relazionali) e per avere, in applicazione delle Tabelle liquidato, in maniera irrisoria, il danno morale inteso quale sofferenza soggettiva.

L’ultima censura è fondata.

La Corte d’Appello ha ritenuto non sussistente il danno da perdita del rapporto parentale, quale diminuzione o modificazione delle attività dinamico relazionali, perché risulta non provato che ‘il soggetto deceduto convivesse, al momento della morte, con alcuno dei parenti. (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

Tale assunto è errato.

Ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale, che di quello dinamico-relazionale. Ne consegue che ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio.

In altri termini i congiunti devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità.

Inoltre, la Corte territoriale, in violazione dei principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza, pur riconoscendo il danno morale, lo ha liquidato quantificandolo in un terzo del minimo previsto dalle Tabelle, sia per i genitori, sia per i fratelli, considerata la non convivenza e l’età dei genitori, e l’età dei fratelli e della vittima.

Gli Ermellini ribadiscono che in tema di danno da lesione della salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del risarcimento del “danno biologico”, quale pregiudizio che esplica incidenza sulla vita quotidiana e sulle attività dinamico-relazionali del soggetto, e di un’ulteriore somma a titolo di ristoro del pregiudizio rappresentato dalla sofferenza interiore (c.d. danno morale, “sub specie” di dolore dell’animo, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione): con la conseguenza che, ove dedotto e provato, tale ultimo danno deve formare oggetto di separata valutazione e liquidazione, trattandosi di voci di danno tra loro diverse e derivanti dalla lesione di beni logicamente ed ontologicamente distinti che trovano riferimento, rispettivamente, nella Cost., art. 29 e nell’art. 32 (Cass. 9857/2022; Cass. 4878/2019; Cass. 7513/2018).

Sulla liquidazione ritenuta irrisoria del danno parentale la Core specifica che “ In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, se la liquidazione avviene in base ad un criterio che prevede un importo variabile tra un minimo ed un massimo, è consentito al Giudice di merito liquidare un risarcimento inferiore al minimo solo in presenza di circostanze eccezionali e peculiari al caso di specie, tra le quali non si annoverano né l’età della vittima, né quella del superstite, né l’assenza di convivenza tra l’una e l’altro, trattandosi di circostanze che possono solo giustificare la quantificazione del risarcimento entro la fascia di oscillazione della tabella (Cass. 26440/2022).”

La Corte di rinvio dovrà applicare i predetti principi sia per la valutazione del danno parentale sia per la liquidazione del danno morale con riferimento ai nuovi valori tabellari previsti dalla tabella milanese del 9.6.2022.

Avv. Emanuela Foligno

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