Omissione di assistenza nella RSA in danno dei pazienti ricoverati e conseguente responsabilità penale dei gestori (Cass. pen., sez. III, dep. 9 marzo 2022, n. 8169).

Omissione di assistenza e maltrattamenti ai pazienti della RSA vengono contestati ai titolari della Struttura, condannati dal Tribunale di Bologna alla pena della reclusione per il reato di cui all’art. 572 c.p.

In particolare, i coniugi imputati venivano accusati di omissione di assistenza e maltrattamenti dei pazienti ricoverati nella struttura, che venivano aggrediti verbalmente e fisicamente, oltre che denigrati, derisi, mal nutriti e sottoposte altresì alla somministrazione di sostanze psicotrope, senza prescrizione medica e senza necessità terapeutica, al solo fine di determinarne l’ulteriore compromissione delle capacità relazionali, percettive e volitive.

Gli imputati venivano altresì condannati al risarcimento dei danni in favore di una pluralità di parti civili, ovvero: il Comune, nei cui confronti il danno veniva quantificato nella misura complessiva di 8.000 Euro, la CGIL e la CISL, nei cui confronti il danno veniva quantificato nella misura complessiva di 3.000 Euro ciascuna, mentre la liquidazione del risarcimento veniva riservata alla sede civile nei confronti delle restanti parti civili.

Ricorrono in Cassazione, lamentando il mero richiamo a un generale “clima di sopraffazione” non idoneo a ritenere integrato il reato di cui all’art. 572 c.p. rispetto a condotte non abituali, o comunque riferite anche a persone mai raggiunte da violenze fisiche.

Nello specifico viene censurata la formulazione del giudizio di colpevolezza rispetto al delitto di cui all’art. 572 c.p., evidenziando che la Corte territoriale avrebbe operato un’interpretazione estensiva della norma incriminatrice, in violazione dei principi espressi dagli artt. 25 e 27 Cost., facendo rientrare nell’ambito applicativo della norma anche fatti commessi non qualificabili come maltrattamenti.

Gli Ermellini ritengono il ricorso infondato.

Ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p., lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, ma può derivare anche da un clima generalmente instaurato all’interno di una comunità in conseguenza di atti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi a carico delle persone sottoposte al potere dei soggetti attivi, i quali ne siano tutti consapevoli, a prescindere dall’entità numerica degli atti vessatori e dalla loro riferibilità ad uno qualsiasi dei soggetti passivi (Cass. pen., n. 16583/2019).

La norma in questione, specifica la Suprema Corte, è applicabile anche quando le condotte siano realizzate nell’ambito di una situazione di parafamiliarità, intesa come sottoposizione di una persona all’autorità di un’altra in un contesto di prossimità permanente, di abitudini di vita proprie delle comunità familiari, nonché di affidamento, fiducia e soggezione del sottoposto rispetto all’azione di chi ha la posizione di supremazia.

Ebbene, i pazienti della RSA,  in ragione dell’età e delle precarie condizioni di salute, erano affidate alle cure dei gestori della struttura, le cui piccole dimensioni dimostrano come di fatto la vita all’interno della struttura fosse per molti versi analoga a quella di un nucleo familiare, con condivisione di ogni spazio e attività e in parte anche del riposo notturno.

In tal senso, viene sottolineato che, come evidenziato dalla Corte territoriale, le piccole dimensioni della Comunità, composta da 5 stanze da letto (dove dormivano due ospiti per stanza), da un unico locale per il consumo dei pasti e da due piccole stanze per le attività diurne, le caratteristiche “familiari” della gestione e il contenuto numero degli ospiti (11), rappresentano come di fatto la vita all’interno della struttura fosse per molti versi analoga a quella di un nucleo familiare, con condivisione di ogni spazio e attività e in parte anche del riposo notturno.

E’, pertanto, pertinente e corretta la considerazione dei Giudici di appello secondo cui tutti gli ospiti, che sempre condividevano ogni momento della giornata, sono stati vittima di omissione di assistenza e maltrattamenti fisici e psicologici, sia perché da loro subiti direttamente, sia perché vi hanno assistito di persona, avendo la Corte di appello rilevato che, durante il periodo delle riprese audiovisive, sono stati registrati episodi lesivi in danno di tutti e 11 gli anziani, a nulla rilevando che taluni di costoro siano stati destinatari solo di sgarbi o di scherni e non anche di violenze fisiche.

Il ricorso viene rigettato con condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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