La Corte di appello ha confermato la condanna dell’ospedale Cardarelli di Napoli a versare circa 500mila euro a un paziente vittima di una omissione diagnostica nel 2000

Cinquecentotremila euro. E’ la cifra che l’ospedale Cardarelli di Napoli dovrà liquidare a un pensionato di 69 anni originario della provincia di Salerno per una omissione diagnostica di cui fu vittima venti anni fa e a causa della quale venne sottoposto all’asportazione dello stomaco.

Lo ha stabilito la quarta sezione civile della Corte d’Appello del capoluogo campano, che ha confermato la responsabilità della struttura già accertata dal Tribunale partenopeo nel 2016.

Il fatto risale all’autunno del 2000. L’uomo, all’epoca non ancora cinquantenne, era stato ricoverato in preda a forti dolori all’addome all’ospedale di Sapri, dove i medici avevano formulato un sospetto di neoplasia gastrica. A distanza di una settimana, poi, si era ricoverato in seconda cura nel reparto di Chirurgia Oncologica del Cardarelli di Napoli.

Come ricostruisce la Città di Salerno, l’11 dicembre i camici bianchi del nosocomio napoletano lo avevano sottoposto ad una gastrectomia totale, sospettando un tumore maligno. Il tutto però senza acquisire l’esito – disponibile sin dalla settimana prima – dell’esame istologico precedentemente precritto a Sapri ed eseguito nel frattempo dall’ospedale di Eboli.

In seguito si sarebbe scoperto che l’accertamento aveva dato in realtà un esito rassicurante senza ravvisare la presenza di malignità nei tessuti esaminati.

Lo stesso esame, ripetuto poi sui reperti anatomici il mese successivo all’intervento, aveva evidenziato la presenza linfonodi indenni da neoplasia.

Al paziente, affetto da una semplice pancreatite cronica, erano stati quindi rimossi, senza alcuna necessità, lo stomaco, parte della coda del pancreas e del colon trasverso, oltre alla colecisti.

Da lì la denuncia nei confronti della struttura ospedaliera, che in primo grado era stata condannata a versare al danneggiato circa 600mila euro. L’azienda aveva impugnato la pronuncia davanti al Collegio territoriale, anche in relazione alla quantificazione del danno, ritenendo “esorbitante la stima della riduzione del 60% dell’integrità psico-fisica dell’uomo”.

Il Collegio peritale nominato dal Giudice di secondo grado ha confermato l’”errata progettazione dell’intervento chirurgico” sottolineando come qualsiasi decisione terapeutica avrebbe dovuto comunque essere preceduta dal necessario approfondimento e che un trattamento chirurgico così categorico sarebbe stato da escludere.

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