La ricorrente non ha fornito alcuna prova delle concrete modalità di espletamento dell’attività lavorativa, delle quali non è possibile acquisire alcuna informazione (Corte d’Appello di Palermo, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1162/2021 del 04/11/2021 RG n. 791/2021)
Con sentenza n. 1905/2021 emessa il 5.05.2021 il Tribunale di Palermo ha respinto la domanda con cui la vedova del lavoratore deceduto il 19.9.2013, aveva chiesto il riconoscimento dell’assegno funerario e della rendita prevista in favore dei superstiti dall’art. 85 del TU n. 1124/1965 e/o dalla L. n. 38/2000, sul presupposto della malattia professionale a carico del coniuge defunto, deceduto a causa di un adenocarcinoma polmonare a suo dire cagionato dall’esposizione lavorativa ad agenti patogeni (fibre di amianto).
Osservava il Tribunale che la documentazione acquisita agli atti non consentiva di ritenere dimostrata tale esposizione.
L’appellante censura la sentenza di primo grado lamentando che il primo Giudice non avrebbe valutato gli elementi forniti a dimostrazione dell’esposizione alle fibre di asbesto, nonché ai fumi di saldatura, silice cristallina, ammine aromatiche contenuti delle vernici utilizzate per la pitturazione delle navi.
L’appello è infondato.
L’appellante ha dedotto che il defunto marito ha svolto, nel tempo, le seguenti attività lavorative:
– apprendista tornitore dal 20.03.1970 all’08.02.1971;
– dal 1974 al 1981 apprendista falegname;
– manovale dal 1981 al 1992 addetto ai servizi di pulizia presso i cantieri e le navi;
– giardiniere dal 1993 al decesso alle dipendenze del Comune di Palermo.
Deduce, con riferimento alle singole attività, l’esposizione a specifici agenti nocivi per ciascuna tipologia di attività svolta.
Alla luce della documentazione prodotta, concernente la storia del ricorrente, non è possibile ravvisare alcuna prova dell’asserita esposizione lavorativa ad agenti patogeni indicati in ricorso.
Manca allegazione circa la riconducibilità della patologia tumorale patita, i cui rischi tabellati sono stati individuati con riferimento ad altri distretti corporei ed altre funzionalità.
In ogni caso, e ciò vale anche ed in particolare quanto all’attività asseritamente svolta presso i cantieri navali e quale giardiniere per il Comune, la donna non ha fornito alcuna prova delle concrete modalità di espletamento dell’attività lavorativa, delle quali non è possibile acquisire alcuna informazione.
Solo una volta dimostrato, in concreto, come e dove si fosse svolta l’attività lavorativa, costituente il presupposto, a monte, dell’asserita esposizione al rischio, sarebbe successivamente risultato utile acquisire specifiche informazioni in ordine alla nocività degli ambienti di lavoro.
Se è vero, infatti che, in presenza di malattie tabellate (quali le neoplasie da esposizione a specifici agenti patogeni), ” opera la presunzione di eziologia professionale che può essere superata dall’allegazione e dalla dimostrazione dell’inesistenza del nesso eziologico, che può consistere solo nella dimostrazione che la malattia sia stata causata da un diverso fattore patogeno, oppure che per la sua rapida evolutività, o per altra ragione, non sia ricollegabile all’esposizione a rischio, in relazione ai tempi di esposizione e di manifestazione della malattia, è pur vero che l’onere di provare le mansioni svolte – da cui emerga, in fatto, la circostanza materiale di detta esposizione – grava comunque sul lavoratore.
Ciò in concreto, non è avvenuto.
Correttamente il primo Giudice non ha accolto le richieste di esibizione concernenti ” il curriculum lavorativo ed il mansiona rio del de cuius ” presso le varie ditte per le quali aveva lavorato: l’ordine di esibizione è infatti subordinato alla dimostrazione, da parte dell’istante, di non essere riuscito diversamente ad acquisire i documenti di cui chiede ordinarsi l’esibizione stessa, che dunque va esclusa laddove l’interessato possa di propria iniziativa acquisirne una copia e produrla in giudizio.
La sentenza gravata viene integralmente confermata.
Escluso l’assoggettamento al pagamento delle spese di lite, trovando applicazione la disposizione di ci all’art. 152, disp. att. c.p.c. come modificato dall’art. 42, comma 11, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, poi convertito nella legge n. 326/2003, giusta dichiarazione resa dall’appellante.
Avv. Emanuela Foligno
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