Paralisi ostetrica all’arto superiore di tipo Erb (Tribunale Benevento, sez. II, dep. 14/06/2022, n.1407).

Paralisi ostetrica all’arto superiore del neonato viene contestata dai genitori in capo all’Ospedale e al medico.

Gli attori deducono la responsabilità dei convenuti per la nascita della figlia, nel 2002, con paralisi ostetrica all’arto superiore destro di tipo Erb, con invalidità quantificata al 20%.

I convenuti respingono ogni responsabilità ed espongono la mancata collaborazione della donna nel parto, oltre al caso fortuito derivante dalle difficoltà nella manovra ostetrica e nell’attrezzatura indispensabilmente usata, ovvero la ventosa ostetrica.

La domanda è fondata.

A seguito del parto, praticato con ventosa ostetrica, la piccola riportava lesioni consistenti paralisi ostetrica del braccio destro per problematiche inerenti al parto.

Secondo le deduzioni dei convenuti, ad un certo punto, nella fase critica del parto, la partoriente avrebbe mosso la gamba e colpito l’ostetrica tra la spalla ed il volto, provocando un movimento del bacino che avrebbe mosso il bambino ed un movimento inconsulto dell’ostetrica.

Secondo il CTU,  la bambina è affetta da “postumi di plessopatia da lesione traumatica da parto del plesso brachiale destro interessanti le radici superiori con residua limitazione dell’articolazione della spalla e dell’arto superiore di destra di grado medio …….(..).. si deduce sine dubio che la patologia di cui è affetta la piccola, derivante da paralisi ostetrica, riconosce, nel suo meccanismo di produzione, il verificarsi di uno stiramento delle fibre del plesso brachiale di destra durante il parto o per manovre incongrue dei sanitari o per la scarsa collaborazione della madre o, più verosimilmente per ambedue. Stando alle risultanze della cartella clinica e del racconto anamnestico della madre della piccola, non è riportata né descritta l’effettuazione di particolari manovre, talché dovendo presupporre che esse non siano state intraprese, non può nemmeno discutersi sulla circostanza, in verità ben difficile da dimostrare a posteriori, che le stesse fossero state condotte secondo arte. Tuttavia, non può affermarsi con certezza che, non essendo state documentate manovre in cartella clinica debba escludersi che qualsiasi manovra sia stata effettuata per facilitare l’espulsione del feto. Stando alle risultanze delle carte processuali, l’unico dato certo è che fu praticata l’episiotomia (necessaria e propedeutica per la eventuale successiva manovra di Jacquemier) e che vi fu applicazione incompleta della ventosa a causa della scarsa collaborazione della madre……..(..)..  i postumi sono in nesso causale diretto ed esclusivo con una carenza assistenziale strutturale durante l’assistenza al parto piuttosto che con una condotta professionale dei sanitari intervenuti non potendosi altresì individuare responsabilità assistenziali pre-parto o post-parto”.

Ed ancora: “in cartella non si rinviene alcun tracciato cardiotocografico così come il partogramma,  ma a ben vedere tutto ciò riguarda le prime fasi del parto, ossia quella prodromica, quella dilatante e solo in parte quella espulsiva, mentre il danno subito dalla piccola, come è stato già detto, non può che essersi verificato nella fase finale del periodo espulsivo, ossia quando, fuoriuscita la testa, i tracciati cardiotocografici e le rilevazioni annotate sul partogramma sono cose ormai passate………Appare pacifico e condiviso dalle parti che tale episodio ebbe a verificarsi in uno dei momenti più delicati del parto. A parere del sottoscritto, non è affatto remota la possibilità che tale manovra improvvisa della madre abbia costituito, se non la causa unica, sufficiente e determinante, almeno una concausa sufficiente sebbene non determinante il verificarsi del danno… è anche vero che non è previsto, né minimamente pensabile usare maniere coercitive quali legare anche soltanto le gambe della donna che, devono invece essere lasciate libere perché la stessa possa collaborare attivamente durante le fasi delicate del parto… La necessità in sala parto di una pronta disponibilità di uomini e mezzi non può prescindere dalla collaborazione attiva della partoriente. Dato per accertato che i mezzi vi fossero, nel riferirsi agli uomini, il sottoscritto intende sopratutto fare riferimento alla preparazione del personale medico e paramedico nell’assistere fisicamente e psicologicamente la partoriente assecondandola, incoraggiandola, dirigendola, rassicurandola e consigliandola, in parole povere mettendo in pratica quel complesso di attività meglio conosciute come umanizzazione del parto consistenti nel mettere a proprio agio e garantire il massimo supporto alla partoriente. Da qui, la conclusione che va rilevata la corresponsabilità della struttura sanitaria, considerato che la paralisi ostetrica sofferta dalla piccola si è verificata durante il parto o per manovre incongrue dei sanitari (non descritte e non altrimenti dimostrabili se non in via ipotetica) o più verosimilmente per la scarsa collaborazione della madre il cui coinvolgimento attivo e passivo era comunque devoluto ad una corretta assistenza da parte di tutti i sanitari presenti in sala. Ecco perché il sottoscritto, valuta la responsabilità della Struttura in termini di corresponsabilità piuttosto che in termini di responsabilità esclusiva”.

Alla luce dell’analisi effettuata, e del fatto che non vi sono state problematiche pre o post-parto rilevabili dal Medico convenuto, il Tribunale non ritiene che la sua condotta integri quella nozione di colpa necessaria per l’accertamento di una responsabilità a suo carico, viceversa ritiene pacifica la responsabilità della Struttura, temperata per corresponsabilità della partoriente nella misura del 25%.

In conclusione il Tribunale accerta e dichiara la responsabilità contrattuale dell’Ospedale di Ariano Irpino e dell’A.S.L. di Avellino per la negligenza nell’organizzazione del personale sanitario durante il parto della donna e nella causazione del sinistro che ha causato la paralisi ostetrica della bambina.

Avv. Emanuela Foligno

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