I giudici della Suprema Corte di Cassazione sono stati chiamati a pronunciarsi non tanto sul versante del nesso causale tra condotta dei sanitari e decesso, quanto piuttosto in relazione alla cd. perdita di chance di sopravvivenza della paziente
“Ove risulti provato che la condotta imperita del sanitario abbia cagionato la morte anticipata del paziente, che sarebbe (certamente o probabilmente) sopravvissuto più a lungo e in condizioni di vita (fisiche e spirituali) diverse e migliori per un periodo specificamente indicato dal CTU non è corretto parlare di maggiori chance di sopravvivenza bensì di un evento di danno rappresentato, in via diretta ed immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità (fisica e spirituale)”
La vicenda
La Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, di rigetto della domanda di risarcimento danni proposta dagli eredi di una donna, deceduta presso l‘Azienda Ospedaliera citata a giudizio, a seguito dell’intervento chirurgico per asportazione di tumore al timo alla quale si era sottoposta.
Per i giudici della Corte di Cassazione (Terza Sezione Civile, sentenza n. 28993/2019), la sentenza d’appello, con motivazione logica, coerente e adeguatamente ancorata alle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, aveva escluso che vi fosse nesso causale tra la condotta dei sanitari dell’ASL ed il decesso della paziente, affermando che non poteva ritenersi individuabile un nesso causale tra l’operazione di timectomia e la lesione aortica, potendo quest’ultima “individuarsi quale lesione di origine ignota comunque non accertabile, il cui accadimento doveva ritenersi complicanza dell’intervento del tutto rara ed inusuale e “non oggettivamente dimostrabile nella sua morfologia per mancanza di riscontro topografico della lesione (…)”.
La perdita di chance di sopravvivenza
Tanto premesso, i giudici della Suprema Corte sono stati chiamati a pronunciarsi non tanto solo sul versante del nesso causale tra condotta dei sanitari e decesso, ma anche in relazione alla cd. perdita delle chance terapeutiche.
Gli eredi della vittima lamentavano il fatto che se alla loro congiunta fosse stata tempestivamente diagnosticata l’emorragia interna in atto e fosse stata disposta una nuova operazione avrebbe avuto certamente possibilità di sopravvivenza.
Sul profilo della perdita di chance è stato osservato quanto segue.
La connotazione della chance – intesa, al pari di ogni altra conseguenza della condotta illecita, non come regola (a)causale, ma come evento di danno – in termini di possibilità perduta di un risultato migliore e soltanto eventuale non esclude nè elide la necessaria e preliminare indagine sulla relazione eziologica tra la condotta e l’evento (Cass. n. 21619 del 16/10/2007).
La perdita di chance in ambito medico-sanitario
La Corte di Cassazione ha anche chiarito che nei casi in cui l’evento di danno sia costituito non da una possibilità – sinonimo di incertezza del risultato sperato – ma dal (mancato) risultato stesso, non potrà parlarsi di chance perduta, ma di altro e diverso evento di danno (in ambito sanitario, la perdita anticipata della vita, rigorosamente accertata come conseguenza dell’omissione sul piano causale).
Applicando tali criteri alla responsabilità sanitaria (segnatamente in ambito oncologico), sulla premessa che l’illecito da chance perduta si dipana secondo la tradizionale scansione: – condotta colposa (omessa, erronea o ritardata diagnosi); – lesione di un diritto (il diritto alla salute e/o all’autodeterminazione, entrambi costituzionalmente tutelati); – evento di danno (sacrificio della possibilità di un risultato migliore); – conseguenze dannose risarcibili (valutabili in via equitativa) possono formularsi le seguenti ipotesi:
La condotta colpevolmente tenuta dal sanitario ha cagionato la morte del paziente
A) La condotta (commissiva o più spesso omissiva) colpevolmente tenuta dal sanitario ha cagionato la morte del paziente, mentre una diversa condotta (diagnosi corretta e tempestiva) ne avrebbe consentito la guarigione, alla luce dell’accertamento della disposta CTU. In tal caso l’evento (conseguenza del concorso di due cause, la malattia e la condotta colpevole) sarà attribuibile interamente al sanitario, chiamato a rispondere del danno biologico cagionato al paziente e del danno da lesione del rapporto parentale cagionato ai familiari.
B) La condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che si sarebbe comunque verificata) bensì una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualità della stessa per tutta la sua minor durata, in base all’accertamento compiuto dal CTU. In tal caso il sanitario sarà chiamato a rispondere dell’evento di danno costituito dalla perdita anticipata della vita e dalla sua peggior qualità, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance;
La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia
C) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull’esito finale, rilevando di converso, in pejus, sulla sola (e diversa) qualità ed organizzazione della vita del paziente (anche sotto l’aspetto del mancato ricorso a cure palliative): l’evento di danno (e il danno risarcibile) sarà in tal caso rappresentato da tale (diversa e peggiore) qualità della vita (intesa altresì nel senso di mancata predisposizione e organizzazione materiale e spirituale del proprio tempo residuo), conseguente alla lesione del diritto di autodeterminazione, purchè allegato e provato (senza che, ancora una volta, sia lecito evocare la fattispecie della chance).
D) La condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata, sulla qualità della vita medio tempore e sull’esito finale. La mancanza, sul piano eziologico, di conseguenze dannose della pur colpevole condotta medica impedisce qualsiasi risarcimento.
Condotta colpevole del sanitario ed evento incerto di danno
E) La condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto: le conclusioni della CTU risultano, cioè, espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all’eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche e delle metodologie di cura del tempo. Tale possibilità sarà risarcibile equitativamente, alla luce di tutte le circostanze del caso, come possibilità perduta – ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli (ripercussioni sulla sfera non patrimoniale del paziente) che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza.
Nel caso in esame non vi era alcun margine di apprezzabilità della perdita di chance di sopravvivenza della paziente, avendo la CTU espletata in primo grado compiuto una valutazione “assolutamente generica ed ipotetica anche in considerazione dell’elevata mortalità di eventi astrattamente confrontabili con quello in esame: la disseccazione acuta dell’aorta, che può portare ad una percentuale di mortalità del 15-20% in reparti ad altissima specializzazione come sono quelli di cardiochirurgia”.
Per queste ragioni la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio della causa alla corte di merito competente.
Avv. Sabrina Caporale
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