In caso di raggiungimento della maggiore età del figlio minore, il coniuge onerato, separato o divorziato, non ha diritto di procedere unilateralmente alla riduzione od eliminazione dell’assegno di mantenimento

La vicenda

L’attore aveva proposto opposizione all’atto di precetto notificatogli dall’ex coniuge per il pagamento della complessiva somma di Euro 14.744,98 per arretrati non corrisposti dell’assegno mantenimento, previsto in favore del figlio – all’epoca minorenne – in sede di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

A sostegno della propria opposizione, l’ex coniuge aveva eccepito preliminarmente il difetto di legittimazione attiva dell’intimante avendo il figlio raggiunto la maggiore età e non essendo più convivente con la madre; in secondo luogo, l’infondatezza della pretesa per aver nel corso degli anni provveduto ampiamente al mantenimento del figlio.

Il Tribunale di Reggio Calabria con la sentenza in commento (n. 1533/2019) ha dichiarato l’opposizione infondata.

In particolare è stata ritenuto priva di pregio l’aver ritenuto che il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, unitamente alla circostanza dell’asserita cessazione della convivenza con la madre avesse comportato per quest’ultima la perdita della legittimazione ad agire in executivis per i ratei scaduti e non pagati dell’assegno di mantenimento.

Il giudice calabrese ha ricordato che la legittimazione ad agire in executivis si fonda esclusivamente sulla portata letterale del titolo esecutivo.

Nel caso specifico il titolo azionato con l’atto di precetto (e non modificato) prevedeva la corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore della madre, sicché era quest’ultima che doveva ritenersi dotata di legittimazione ad agire in executivis – anche per il periodo successivo al raggiungimento della maggiore età del figlio – per ottenere l’attuazione coattiva dell’obbligo di versamento degli assegni previsti per il mantenimento della prole.

La legittimazione a procedere “in executivis

Peraltro, al riguardo la Corte di Cassazione ha chiarito che “la legittimazione a procedere “in executivis” deve essere riguardata con riferimento alla titolarità ed attualità di un diritto non già astrattamente previsto o configurabile nell’ordinamento, ma sancito nel titolo posto a base dell’esecuzione nella sua conformazione soggettiva ed oggettiva; pertanto detta legittimazione deve essere esclusa quando il diritto sia stato riconosciuto ed attribuito ad un soggetto diverso da quello che intende farlo valere (nella specie è stata negata al coniuge separato la legittimazione ad agire esecutivamente nei confronti dell’altro coniuge per il pagamento di assegni di mantenimento che quest’ultimo, nel verbale di separazione consensuale, si era obbligato a corrispondere direttamente alle figlie maggiorenni” (Cassazione civile, sez. I, 30/04/1992, n. 5221).

È noto infatti che ogni modifica al titolo esecutivo – e dunque anche quella che concerne l’individuazione del soggetto destinatario dell’obbligo – deve necessariamente essere disposta dal giudice della cognizione, non competendo al giudice dell’esecuzione alcuna possibilità di accertamento incidentale delle mutate condizioni e di conseguente intervento sul titolo.

Nel giudizio in esame, avente ad oggetto l’opposizione all’atto di precetto, l’indagine non poteva che essere limitata all’accertamento della validità del titolo esecutivo e delle eventuali cause che ne avessero successivamente determinato l’invalidità o l’inefficacia ed in tale ambito non potevano certamente essere collocate quindi le circostanze fatte valere dall’opponente e relative al raggiungimento della maggiore età e alla cessazione della convivenza con la madre.

Il mantenimento del figlio maggiorenne

Sul punto è stato richiamato un noto arresto giurisprudenziale (Cass. n. 13872/2001; Cass. n. 13184/2011) secondo il quale “Il raggiungimento della maggiore età del figlio minore non può determinare, nel coniuge separato o divorziato, tenuto a contribuire al suo mantenimento, il diritto a procedere unilateralmente alla riduzione od eliminazione del contributo o a far valere tale condizione in sede di opposizione all’esecuzione, essendo necessario, a tal fine, procedere all’instaurazione di un giudizio volto alla modifica delle condizioni di separazione o divorzio“.

In particolare, si è detto che: “l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma continua invariato finchè i genitori o il genitore interessato non provi che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica oppure che sia stato da loro posto nella concreta posizione di poter essere autosufficiente, ma non ne abbia tratto profitto per sua colpa“.

Si tratta, quindi, di un mutamento delle circostanze che va accertato in sede di modifica delle condizioni del divorzio.

Con l’opposizione al precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, determinato a favore del figlio in sede di separazione, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione di cui all’art. 710 c.p.c.” (Cass. n. 20303/2014 e Cassazione civile sez. III, 02/07/2019 n. 17689).

Anche il secondo motivo di ricorso è stato rigettato poiché del tutto sfornito di prova: l’opponente aveva fatto valere un’eccezione di adempimento, senza addurre a sostegno alcun documento giustificativo, nè principio di prova.

In definitiva il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’opposizione e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte.

La redazione giuridica

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