Respinto il ricorso di un’azienda contro l’annullamento del licenziamento intimato a un lavoratore per il superamento del periodo di comporto

La Cassazione, con l’ordinanza n. 23155/2020, si è pronunciata sul contenzioso insorto tra un lavoratore all’azienda datrice in seguito al licenziamento del primo per superamento del periodo di comporto.

In sede di merito la Corte territoriale, riformando parzialmente la decisione del giudice di prime cure, aveva dichiarato l’illegittimità del provvedimento  annullandolo e ordinando alla società di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e nelle mansioni svolte al momento del licenziamento, oltra a condannarla al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente deduceva, sotto il profilo dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ. in relazione all’art. 175 del CCNL per i dipendenti delle aziende del settore terziario con riferimento al computo del periodo di comporto, nonché la violazione dell’art. 2110 cod. civ. con riguardo all’art. 175 CCNL con riguardo alla mancata applicazione della c.d. equità integrativa e del comporto per sommatoria.

La Cassazione, tuttavia, ha respinto il motivo di doglianza.

Gli Ermellini hanno precisato che, “fermo restando che, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo dev’essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, la violazione del principio di interpretazione complessiva delle clausole contrattuali si configura soltanto nell’ipotesi della loro omessa disamina, ovvero quando il giudice utilizzi esclusivamente frammenti letterali della clausola da interpretare e ne fissi definitivamente il significato sulla base della sola lettura di questi, per poi esaminare ex post le altre clausole, onde ricondurle ad armonia con il senso dato aprioristicamente alla parte letterale, oppure espungerle ove con esso risultino inconciliabili”.

Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva correttamente offerto una lettura del combinato disposto degli artt. 175 e 177 nonché della dichiarazione a verbale in calce al predetto art. 177, del CCNL 17 luglio 2008 per i dipendenti delle aziende del settore terziario, in base alla quale ogni periodo di comporto ha durata di 180 giorni, talché, qualora all’infortunio succeda, come pacificamente avvenuto nel caso di specie, persino ove senza soluzione di continuità, un periodo di assenza per malattia, inizia a decorrere, dal momento dell’insorgenza della malattia, un distinto termine di 180 giorni solo alla cui scadenza può procedersi a licenziamento per superamento del periodo di comporto.

 La redazione giuridica

Hai vissuto una situazione simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

Leggi anche:

Licenziamento, per l’impugnazione basta il ricorso cautelare

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui