La Cassazione ha pronunciato una sentenza di condanna nei confronti di un notaio per non aver adempiuto ai propri doveri professionali nell’ambito di una vicenda legata al calcolo della plusvalenza del valore dell’immobile oggetto di vendita

La fattispecie si inquadra nel contesto della disciplina agevolativa introdotta dalla L. n. 448/2001, art. 7 che, per i titolari di terreni lottizzati o suscettibili di utilizzazione edificatoria alla data dell’1.1.2002, ha previsto la possibilità di calcolare la plusvalenza derivante dalla successiva alienazione assumendo come valore iniziale non più il costo di acquisto del terreno medesimo, ma quello determinato sulla base di una relazione giurata stimata alla data dell’11.2002, previo pagamento di una imposta sostitutiva del 4% sul nuovo valore del terreno risultante da perizia.

In questo modo il contribuente può optare per la rideterminazione del valore del bene; con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata, mentre l’Amministrazione finanziaria, a fronte della concessione di un simile beneficio riceve un immediato introito fiscale.

In altre parole, la stima contenuta nella perizia giurata, con il pagamento dell’imposta sostitutiva, determina il nuovo valore minimo legale, in modo tale che il titolare del terreno, al momento della sua alienazione, può sottrarsi alla tassazione della plusvalenza secondo i criteri dettati dal DPR n. 917/1986, art. 68.

La vicenda

Nel caso in esame, la ricorrente aveva chiesto la condanna di un notaio al risarcimento dei danni ad essa derivati dal fatto che questi, nel rogare un atto in cui ella era la parte venditrice, aveva indicato un prezzo inferiore rispetto al valore del bene alienato e poi rivalutato, come da perizia, generando a carico della donna una minusvalenza, con conseguente accertamento da parte della Agenzia delle Entrate e un recupero d’imposta di € 18.965, 33.

Il notaio si costituiva in giudizio contestando la propria responsabilità e asserendo che egli è sostituto di imposta relativamente alle imposte che devono essere versate per la registrazione a carico dell’acquirente, ma non solo per le plusvalenze o minusvalenze a carico del venditore.

In primo grado, la domanda veniva accolta.

Secondo il Tribunale adito, il notaio, pur non essendo soggetto passivo per l’imposta dovuta sulla plusvalenza è comunque titolare di una serie di obblighi professionali strumentali alla corretta applicazione e all’adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente.

Ed inoltre, in base all’art. 7 comma 6 della legge n. 448/2001, il valore periziato costituisce il valore minimo di riferimento ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute in relazione al trasferimento di proprietà.

La decisione veniva confermata anche in appello.

Cosa ne pensano, invece, i giudici della Cassazione?

Al riguardo, è stato fatto richiamo al consolidato orientamento giurisprudenziale che, in tema di plusvalenze realizzate mediante la cessione di terreni edificabili e con destinazione agricola, ha più volte affermato che “la scelta del contribuente di calcolare il valore del bene ai sensi della Legge n. 448/2001, art. 7, in deroga al sistema ordinario, facendo redigere apposita perizia giurata ed effettuando il relativo versamento, non limita la facoltà di alienare il bene ad un prezzo inferiore, sicché anche in tale ipotesi, deve escludersi la decadenza del contribuente dal beneficio e la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri” (Cass. n. 25501/2018; n. 7037/2018; n. 24141/2017).

Di conseguenza, ove la vendita sia effettuata ad un valore inferiore a quello minimo di riferimento emergente dalla perizia, rispetto al quale il venditore abbia versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, ciò non implica alcuna rinuncia e non comporta alcuna decadenza dai benefici fiscali previsti dalla l. 448/2001, con la conseguenza che all’Ufficio fiscale sarà precluso di riprendere il calcolo delle plusvalenze secondo il criterio degli artt. 67 e 68 TUIR, muovendo dal vecchio valore d’acquisto.

Sullo stesso tema, la Cassazione aveva già osservato che la mancata indicazione nell’atto di vendita dell’immobile del valore del cespite così come rideterminato a norma della L. 448/2001, art. 7 non costituisce condizione ostativa alla facoltà del contribuente di assumere come valore iniziale, in luogo del costo o del valore d’acquisto, quello alla data del 1.1.2002 individuato sulla base di perizia giurata, attesa l’assenza di limitazioni poste in tal senso dalla legge (Cass. n. 25501/2018).

Ciò non toglie tuttavia che, nella vicenda in esame, il notaio non aveva ottemperato ai suoi obblighi professionali.

Ed infatti, egli aveva dato espressamente atto della perizia che giustificava la determinazione del prezzo nel rogito; pertanto, come correttamente osservato da entrambi i giudici di merito, i suoi doveri di consiglio gli imponevano di comunicare alle parti – ed in particolare alla ricorrente – il rischio (con tutte le possibili conseguenze) della dichiarazione di un prezzo non conforme.

La redazione giuridica

 

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