Presenza di ghiaccio nel parcheggio del centro commerciale provoca la caduta dell’avventore (Cassazione civile, sez. VI, dep. 23/05/2022, n.16569).

Presenza di ghiaccio nel parcheggio del centro commerciale provoca la caduta dell’utente che cita a giudizio la società proprietaria dell’esercizio commerciale reclamando il risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Vercelli rigettava la domanda della donna condannandola al pagamento delle spese di giudizio.

La Corte d’appello di Torino, adita dalla danneggiata, ha dichiarato inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., non avendo lo stesso ragionevoli probabilità di essere accolto, e ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

La vicenda approda in Cassazione dove la donna lamenta errata applicazione delle norme sulla responsabilità per custodia ed errata valutazione della prova testimoniale.

Osserva la ricorrente che la sentenza di primo grado non avrebbe valutato con la dovuta attenzione le circostanze di fatto indicate dai testimoni, quali la presenza di ghiaccio nell’area del parcheggio dove avvenne la caduta, l’omessa custodia e l’assenza di segnalazioni di pericolo; tanto più che l’ora tarda in cui la caduta ebbe luogo non consentiva di avere un’esatta percezione dello stato dei luoghi.

La censura è inammissibile.

La costante giurisprudenza sull’art. 2051 c.c., stabilisce che il danneggiato deve comunque dimostrare l’esistenza del fatto dannoso, il nesso di causalità e il danno, rimanendo a carico del custode l’obbligo di dimostrazione del fortuito.

La condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost..

Ciò significa che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista, come nel caso della presenza di ghiaccio, e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno.

Il “fatto colposo” di cui discorre l’art. 1227 c.c., non va inteso come riferito all’elemento psicologico della colpa, che ha rilevanza esclusivamente ai fini di una affermazione di responsabilità,  ma deve intendersi come sinonimo di comportamento oggettivamente in contrasto con una regola di condotta, stabilita da norme positive e/o dettata dalla comune prudenza.

Ebbene, un comportamento oggettivamente pretendibile dall’utente in caso di temperature rigide, è quello della massima avvedutezza proprio in considerazione della probabile presenza di ghiaccio sul suolo calpestabile.

La Corte d’Appello si è correttamente attenuta ai principi della materia ed ha accertato, con una ricostruzione dei fatti non sindacabile, che l’attrice aveva tenuto un comportamento non prudente in considerazione dello stato dei luoghi, preferendo incamminarsi per un corridoio erboso prima di salire sul marciapiede, in tal modo interrompendo il nesso di causalità di cui all’art. 2051 c.c., ai fini della responsabilità dei convenuti.

Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

La redazione giuridica

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