Caduta sulla rampa d’accesso dell’Ospedale e lesioni subite dall’utente (Tribunale Taranto, sez. II, dep. 31/03/2022, n.837).

Caduta sulla rampa d’accesso dell’Ospedale provoca all’utente la frattura dell’omero destro e la chiamata in causa dell’Azienda sanitaria di Taranto.

Il danneggiato espone:

– che in data 24.02.2017, alle ore 09.00, si era recato unitamente alla propria moglie presso il presidio ospedaliero;

– che, mentre stava entrando all’ospedale avveniva la caduta sulla rampa d’accesso che gli procurava la frattura del trochite omerale della spalla dx;

– che, a suo dire, la caduta si era verificata a causa delle condizioni di uno dei gradini della scalinata, che presentava “una profonda sbrecciatura” e “il deterioramento della zigrinatura antiscivolo, oltre ad essere ricoperto da breccia minuta”;

– che l’evento lesivo era ascrivibile ai sensi dell’art. 2051 c.c. alla parte convenuta, attesa l’incuria e la negligenza della stessa nella manutenzione della scalinata.

Il Tribunale non ritiene accoglibile la domanda in quanto il danneggiato non ha assolto all’onere probatorio posto a suo carico dagli artt. 2051 e 2697 c.c..

L’art. 2051 c.c. non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, quindi, di dimostrare che la caduta sulla rampa si è prodotta come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa.

Nei casi in cui, il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, per la prova del nesso causale occorre appurare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno.

Dal materiale fotografico depositato dal danneggiato viene escluso che la rampa d’accesso costituisca un pericolo per l’utenza, atteso che è ravvisabile unicamente una lieve sconnessione di una minima parte della sua estremità, mentre non è possibile riscontrare la profonda brecciatura e il deterioramento della zigrinatura antiscivolo.

Inoltre, la caduta sulla rampa si è verificata in ore diurne, in condizioni di piena visibilità, e  la scalinata è dotata di 3 corrimani, a cui l’attore avrebbe potuto fare ricorso durante la salita.

Tali elementi inducono a ritenere che l’evento lesivo sia ascrivibile ad una condotta imprudente dell’attore, che avrebbe potuto evitare la caduta ove avesse prestato la dovuta attenzione.  

In definitiva, la condotta del danneggiato si è posta quale fattore causale esclusivo della lamentata caduta sulla rampa.

Al riguardo la Suprema Corte, a più riprese, ha evidenziato che “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, come nella vicenda che ci occupa, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

La domanda viene rigettata.

Avv. Emanuela Foligno

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