Respinto il ricorso di conducente e proprietario di una vettura che chiedevano il risarcimento dei danni subiti in seguito a un sinistro causato dalla presenza di una profonda buca sul manto stradale
Avevano convenuto in giudizio il Comune chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni personali e materiali subiti in un sinistro stradale avvenuto in una strada comunale. Gli attori, rispettivamente proprietario e conducente del veicolo, deducevano, a sostegno della domanda, che la vettura era finita con le due ruote di sinistra in una profonda buca sul manto stradale, e che dall’incidente il conducente aveva riportato danni personali, mentre il proprietario aveva subito un danno patrimoniale.
I Giudici del merito avevano accolto solo parzialmente la domanda, cosicché le parti danneggiate si rivolgevano alla Suprema Corte per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., sostenendo che la sentenza impugnata avrebbe errato nel negare alla buca in questione il carattere di insidia ed avrebbe poi violato le regole in tema di responsabilità del custode, ritenendo sussistente il caso fortuito in assenza di ogni prova sul punto. Lamentavano, inoltre, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5. cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, rilevando che la sentenza non avrebbe tenuto conto del fatto che il Comune aveva avviato un servizio di rilevazione dei pericoli stradali, per cui avrebbe dovuto verificare l’esistenza del pericolo costituito dalla buca in questione.
Gli Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n. 37568/2021, hanno ritenuto le doglianze infondate.
La giurisprudenza di legittimità stabilisce, infatti, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.
Nel caso in esame, la Corte territoriale aveva fatto buon governo di tali principi. Il Collegio d’appello, infatti, aveva affermato che, in considerazione dell’ora diurna e del luogo in cui l’incidente si era verificato (tratto rettilineo a senso unico di marcia), nonché delle dimensioni della buca, questa non potesse non essere vista da un attento utente della strada; anche perché su quel tratto di strada sussisteva un limite di velocità a 30 km orari ed il dissesto stradale costituito dalla buca era pienamente distinguibile. La Corte di merito aveva, in sostanza, ritenuto che il materiale probatorio a sua disposizione (fra cui le fotografie del luogo della caduta) fosse sufficiente a ricostruire in modo adeguato lo svolgimento dei fatti e la responsabilità esclusiva del conducente della vettura nella determinazione del sinistro, escludendo la responsabilità del Comune convenuto sia facendo applicazione dell’art. 2043 cod. civ. che delle regole sulla responsabilità del custode di cui all’art. 2051 del medesimo codice.
La redazione giuridica
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