Più diffidenti i camici bianchi: solo il 13% è convinto che i propri pazienti siano trasparenti

Medici di famiglia e pazienti spesso non si capiscono, con la conseguenza di nutrire una scarsa fiducia reciproca. E’ quanto emerge da un’indagine condotta a livello nazionale da Altroconsumo tra settembre e ottobre 2016, e incentrata su un questionario a cui hanno risposto 1742 camici bianchi e 1132 pazienti di età compresa tra i 24 e i 74 anni. Alla base di tale situazione vi sarebbero vari fattori: mancanza di tempo, sovraccarico di lavoro, diffidenza, poca attitudine a raccontare i sintomi e difficoltà di ascolto.
Alcuni dati: il 34% degli assistiti afferma di seguire rigorosamente le indicazioni del medico, ma solo il 9% dei camici bianchi crede che lo facciano; il 20% dei medici è convinto di capire i problemi del paziente, ma solamente l’8% degli assistiti si sente compreso; il 21% dei medici crede che i pazienti abbiano fiducia nella diagnosi ma gli assistiti che affermano di avere completa fiducia sono molti di più, ovvero il 30%.
I più diffidenti nell’ambito del rapporto medico-paziente sembrano essere proprio i primi: solo il 13% è convinto che i propri pazienti siano trasparenti mentre ben il 55% afferma di esserlo. Più fondatamente, l’86% dei professionisti ritiene essenziale che i pazienti li informino sui farmaci presi autonomamente ma solo il 19% lo fa; inoltre, il 60% dei camici bianchi consiglia di fare una lista dei sintomi ma è un’indicazione ignorata dal 70% dei pazienti.
“Rompere il muro di incomunicabilità – secondo Altroconsumo – è quindi ormai una priorità, ma per farlo è necessario che ai medici vengano dati i giusti strumenti durante il percorso universitario, cosa che purtroppo ancora non avviene in maniera strutturata negli atenei italiani”.
Dalla parte del cittadino mancano trasparenza e schiettezza: circa il 20% dei pazienti ogni tanto non chiede chiarimenti al proprio medico a causa di vergogna o paura di sentirsi ridicoli; il 28% non esprime mai i propri dubbi sul trattamento, sebbene li abbia; il 39% dei pazienti non esprime mai il proprio disaccordo e non parla mai di questioni personali con il proprio medico.
Sul fronte dei camici bianchi, invece, le difficoltà risiedono anche nelle condizioni di lavoro, in primis nel sovraffollamento degli ambulatori: l’84% dei medici interpellati riceve più di venti pazienti al giorno; il 49% più di trenta in poche ore. Per più di sette medici su dieci il fatto di arrivare in ambulatorio con un’opinione già formata attraverso la ricerca sul web provoca discussioni e conflitti. Quasi sei medici su dieci, inoltre, ritengono che l’accesso a Internet da parte del paziente nuoccia alla compliance.
“Anche su questo aspetto- conclude Altroconsumo – bisogna imparare a confrontarsi a viso aperto, con l’obiettivo di arrivare a scelte condivise, evitando la logica del conflitto. Il tempo è poco, i medici tagliano corto e sono poco empatici, i pazienti non sono collaborativi e non dicono tutto quello che pensano, hanno aspettative irrealistiche e vanno dal medico anche quando non sarebbe necessario. L’elenco delle lamentele è lungo ma si possono fare alcuni passi concreti per rendere migliore la relazione”.
L’Associazione propone quindi dei consigli per ottimizzare il poco tempo concesso dal medico. Prepararsi all’incontro mettendo per iscritto l’elenco di sintomi e la durata; usare bene il tempo a disposizione, senza divagare e avendo ben in mente la domanda principale da porre; portare un parente al colloquio, se non si è sicuri di comprendere bene le indicazioni; essere onesti anche quando la cosa può essere imbarazzante; assicurarsi di aver capito bene la terapia, anche facendo domande.
Tra le note positive, l’inchiesta evidenzia comunque un ‘legame di fedeltà’ tra gli assistiti e i propri dottori. Sei persone su dieci, infatti, hanno lo stesso medico da oltre dieci anni e quasi otto su dieci da oltre sei anni.

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