Annullata dalla Cassazione la sentenza di condanna di una donna accusata del reato di appropriazione indebita. All’epoca dei fatti l’ex marito aveva già promosso l’azione civile volta al riconoscimento dell’intervenuta riconciliazione
Si era impossessata delle chiavi dell’abitazione estiva, impedendo al marito separato di recuperare beni di sua proprietà. Inoltre, in occasione di un litigio sulla stessa vicenda, aveva aggredito l’uomo gettando via il telefonino con cui questo stava tentando di fotografare la scena. La donna era stata condannata sia in primo grado che in appello per il reato di appropriazione indebita, oltre che per quello di violenza privata.
Rispetto al secondo capo d’imputazione la signora, nel ricorrere per cassazione, aveva invocato la mancata applicazione dell’art. 649 c.p. La norma prevede la non punibilità di chi abbia commesso un reato contro il patrimonio in danno del coniuge non legalmente separato.
Sotto tale profilo la Suprema Corte, con la sentenza n. 26020/2018, ha riconosciuto la fondatezza del ricorso. Una sentenza della Corte d’Appello infatti, dimostrava che alla data dei fatti le parti in causa non erano più legalmente separate. La pronuncia, nello specifico, dichiarava cessati gli effetti della separazione consensuale essendo intervenuta una riconciliazione.
I coniugi si erano consensualmente separati nel novembre 2007 e la separazione era stata omologata a febbraio 2008. In seguito, l’ex marito aveva promosso l’azione civile volta al riconoscimento dell’intervenuta riconciliazione, che era stata dichiarata con una sentenza del 2014.
I fatti oggetto del giudizio risalivano al 2010. Il Giudice a quo aveva pertanto considerato inoperante la causa di non punibilità in ragione della natura non retroattiva della pronuncia civile.
Tale conclusione, secondo la Suprema Corte, è da ritenere errata.
In base all’art. 157 c.c., i coniugi possono far cessare gli effetti della separazione di comune accordo, senza che sia necessario l’intervento del giudice. E’ sufficiente in tal senso una espressa dichiarazione o un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
“La sentenza ricognitiva della intervenuta riconciliazione – precisano gli Ermellini – determina la cessazione degli effetti della precedente separazione con caducazione del provvedimento di omologazione”. Tuttavia ciò non avviene con effetto ex nunc , bensì “a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale propria della vita coniugale”.
Nel caso esaminato la riconciliazione tra i coniugi dichiarata nel 2014 era in realtà avvenuta già dal 2008. E’ da quel momento, quindi, che dovevano ritenersi cessati gli effetti della separazione.
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