Integra il reato di fuga, anche la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento, da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, nè quella del veicolo
La Corte di Cassazione (sentenza n. 43207/2019) ha confermato la sentenza di condanna a carico dell’imputato, ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 189 C.d.S., commi 6 e 7 (c.d reato di fuga).
Attraverso una attenta analisi di tutti gli elementi di prova, i giudici di merito erano giunti ad affermare la responsabilità del prevenuto, in ordine alla causazione dell’incidente e al fatto che egli si fosse dato alla fuga, subito dopo l’investimento.
A fronte di una motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente, peraltro genericamente, si era limitato a chiedere una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, nonché l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione.
Ma un siffatto modo di procedere – hanno chiarito gli Ermellini – è inammissibile perché trasformerebbe la Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
Quanto al reato contestato, il nuovo codice della strada all’art. 189 descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare.
Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza.
L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose (comma 5) e con quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con danno alle persone (comma 6). In tale seconda ipotesi, se il conducente si è dato alla fuga, la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza.
Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà.
Il reato di fuga
Quanto al reato di cui all’art. 189, comma 6, trattasi di un reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste, come si è già osservato, nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente.
La Cassazione ha, peraltro, già avuto modo di precisare che integra siffatto reato, la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento, da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, nè quella del veicolo.
Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, altrimenti la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica.
L’obbligo di prestare assistenza
Quanto poi all’obbligo di prestare assistenza, è pacifico che l’elemento soggettivo del detto reato ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone.
Come ancora affermato dalla Corte di legittimità, la sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che in caso d’incidente stradale con danni alle persone non si ottemperi all’obbligo di prestare assistenza.
Tale condotta, come già precisato in passato (Sez. 4, n. 8626 del 7/2/2008) va tenuta a prescindere dall’intervento di terzi, poiché si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell’incidente medesimo.
Nel caso in esame, essendo il ricorso inammissibile è stato rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di duemila euro in favore della Cassa delle Ammende.
La redazione giuridica
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