La Corte di Cassazione fornisce chiarimenti in merito al licenziamento per gravi violazioni della privacy in relazione alla registrazione di conversazioni.

Nell’ordinanza n. 11999/2018 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, i giudici hanno fatto il punto in merito alla registrazione delle conversazioni chiedendosi se tale atto violi il diritto alla riservatezza e possa comportare il licenziamento di un dipendente.

Secondo la Corte, infatti, la registrazione delle conversazioni tra presenti all’insaputa dei partecipanti al colloquio, rappresenta una grave violazione della privacy, in quanto tale, legittima il licenziamento del dipendente.

La vicenda

Nel caso di specie, una ditta aveva licenziato un proprio dipendente. L’uomo, in maniera nascosta, aveva registrato una conversazione telefonica tra il proprio superiore gerarchico ed un collega di lavoro. Inoltre, aveva registrato anche una riunione aziendale, in palese violazione dei principi di buona fede e correttezza.

Ebbene, a seguito dell’impugnativa del provvedimento espulsivo, il Tribunale di Chieti aveva rigettato la domanda, con provvedimento confermato dalla Corte d’Appello di L’Aquila. A questa Corte si era nelle more rivolto il lavoratore licenziato, con diversa liquidazione delle spese di giudizio di primo grado.

Il soggetto ha fatto ricorso in Cassazione sperando di ottenere l’annullamento della sentenza.

L’uomo deduceva l’omessa analisi di alcuni fatti e la valutazione di scriminante (in quanto esercizio del diritto di difesa) del suo comportamento. La registrazione delle conversazioni a suo avviso sarebbe scaturita a fronte della condotta ingiuriosa tenuta dal superiore gerarchico durante una conversazione telefonica, oltre che in una riunione aziendale.

Il Giudice di legittimità ha ricordato come il sindacato sulla valutazione delle risultanze probatorie dei giudizi di merito, alla luce del novellato art. 360, comma I, n. 5) Cpc, secondo l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite (n. 8053/2014), risulta possibile soltanto qualora manchi del tutto la motivazione. O quando questa pur esistendo formalmente come parte del documento risulti, tuttavia, così contraddittoria da non permettere di comprenderla.

Nel caso di specie, il giudice di merito ha dato atto del “sostanziale disinteresse del lavoratore al rispetto dei doveri di riservatezza connessi all’obbligo di fedeltà e dei principi generali di correttezza e buona fede e, pertanto, di una grave violazione del diritto di riservatezza dei colleghi”.

In merito alle registrazioni delle conversazioni effettuate di nascosto “questa Corte ha già affermato che la registrazione di conversazioni tra presenti all’insaputa dei conversanti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza, con conseguente legittimità del licenziamento intimato (Cass. n. 26143 del 2013, Cass. n. 16629 del 2016)”.

Ne consegue, pertanto, che la Corte ha stabilito di rigettare il ricorso dell’uomo e condannarlo alle spese del giudizio di legittimità. Oltre a questo, il soggetto è stato condannato al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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