La decisione a commento riguarda la proposizione del regolamento di competenza e della intervenuta cessazione della materia del contendere (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 13 novembre 2024, n. 29298).
Viene adita la Suprema Corte per il regolamento di competenza avverso l’ordinanza di sospensione del Tribunale di Udine depositata il 20 febbraio 2023 nel procedimento n. 2457/2021 R.G.
La vicenda
La società datrice di lavoro ha convenuto in giudizio, davanti al Tribunale di Udine, Generali Assicurazioni perché sia accertata l’operatività della garanzia assicurativa prestata in suo favore dalla compagnia a copertura della responsabilità derivante dall’infortunio mortale, occorso al dipendente presso il cementificio in provincia di Pordenone, mentre stava svolgendo attività lavorativa in somministrazione a suo favore.
Con l’ordinanza sopramenzionata, il Tribunale ha disposto la sospensione della causa sino alla definizione dell’impugnazione proposta dal PM della sentenza penale di assoluzione pronunziata, in primo grado, nei confronti del Presidente del C.d.A. della società datrice di lavoro. Conseguentemente, la società ha proposto regolamento di competenza.
La società ricorrente ha dato atto:
- a) il menzionato procedimento penale si è definitivamente concluso e la sentenza di primo grado è passata in giudicato ed è stata dichiarata esecutiva, avendo il P.M. rinunciato al proprio appello.
- b) venuta quindi meno la causa di sospensione, la datrice ha tempestivamente chiesto ex art. 297 c.p.c. la prosecuzione della causa civile contro Generali, la quale si è regolarmente ricostituita in giudizio.
- c) con sentenza n. 525/2024, pubblicata in data 29/4/2024, il Tribunale di Udine ha deciso la controversia, accogliendo tutte le domande proposte dalla società datrice e condannando Generali alla rifusione delle spese di lite.
L’intervento della Corte di Cassazione
Preliminarmente viene dato atto che circostanze sopravvenute conducono alla declaratoria di cessazione della materia del contendere per il venir meno della causa di sospensione.
Ad ogni modo, l’ordinanza di sospensione era del tutto illegittima. L’autorità di cui parla l’art. 337 c.p.c. è pur sempre una idoneità della decisione sull’altro processo a spiegare effetti sul processo che si sospende, idoneità che certamente in nessun modo poteva ipotizzarsi nel caso di specie, e ciò a prescindere dal rilievo, a sua volta decisivo, che la motivazione in proposito addotta risultava del tutto generica e insufficiente.
È più che pacifico, stigmatizza la Cassazione, che in tema di rapporto tra giudizi civili e penali, non sussistendo più la regola della pregiudizialità dell’accertamento penale rispetto a quello civile, il processo può essere sospeso se tra il processo penale e altro giudizio ricorra il rapporto di pregiudizialità indicato dall’art. 295 c.p.c. o se la sospensione sia prevista da altra specifica norma e sempre che la sentenza penale esplichi efficacia di giudicato nell’altro giudizio ai sensi degli artt. 651, 652 e 654 c.p.p.
L’unico mezzo preventivo di coordinamento tra il processo civile e quello penale è dunque costituito dall’art. 75 c.p.p., il quale esaurisce ogni possibile ipotesi di sospensione del giudizio civile per pregiudizialità, ponendosi come eccezione al principio generale di autonomia, al quale s’ispirano i rapporti tra i due processi, con il duplice corollario della prosecuzione parallela del giudizio civile e di quello penale, senza alcuna possibilità di influenza del secondo sul primo, e dell’obbligo del giudice civile di accertare autonomamente i fatti.
La sospensione del giudizio civile
Pertanto, la sospensione necessaria del giudizio civile è limitata all’ipotesi in cui l’azione in sede civile “nei confronti dell’imputato” sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, prevedendosi, nel caso inverso, la facoltà di trasferire l’azione civile nel processo penale, il cui esercizio comporta la rinuncia ex lege agli atti del giudizio civile, ovvero la prosecuzione separata dei due giudizi.
Di questa “eccezione” non esistevano nel caso in esame i presupposti, sotto alcun profilo, ciò anche per la evidente diversità dei soggetti coinvolti. Per tale ragione la resistenza nel procedimento dell’assicurazione è palesemente ingiustificata e viene considerata apprezzabile motivo per la soccombenza virtuale.
Conclusivamente, la Cassazione dichiara cessata la materia del contendere e condanna l’assicurazione al pagamento delle spese di giudizio.
Avv. Emanuela Foligno