Di questa sentenza commentiamo la copertura della polizza assicurativa di responsabilità professionale nel drammatico caso del decesso di un bambino (Corte di Cassazione, III civile, 15 novembre 2024, n. 29544).
La vicenda
Il bambino di 3 anni di età si introduceva in un box di proprietà di un ingegnere e cadeva in una cisterna d’acqua interrata, annegando. Il proprietario del box veniva condannato per omicidio colposo in via definitiva.
Nel 2007 i genitori e la sorella della vittima chiamavano dinanzi al Tribunale di Patti, il suddetto ingegnere, che a sua volta chiamava in manleva l’assicurazione Unipol, chiedendone la condanna al risarcimento del danno sofferto per la morte del familiare.
Il Tribunale di Patti (sent. 492/2017) accoglieva la domanda principale e rigettava quella di garanzia svolta dall’ingegnere nei confronti di Unipol Assicurazioni. Infatti, la polizza assicurativa copriva solo i rischi derivanti dall’attività professionale, mentre l’evento mortale si verificava per omessa custodia di un immobile ai sensi dell’art. 2051 c.c.
La Corte d’appello di Messina rigetta il gravame e conferma il primo grado ritenendo, anch’essa, che la polizza invocata dall’ingegnere riguardava i rischi derivanti dall’esercizio di “attività professionali di progettista e direttore dei lavori”. Invece nel caso di specie il luogo ove avveniva il drammatico fatto non era un’area in costruzione, non era adibita a servizi connessi ad attività edilizia ma era di fatto utilizzata come deposito di materiali vari.
L’intervento della Corte di Cassazione
L’ingegnere invoca l’intervento della S.C. sostenendo la nullità della sentenza di appello per due ragioni:
- a) La Corte non avrebbe spiegato donde abbia tratto la convinzione che “all’epoca del sinistro almeno da sei mesi il box e la cisterna non possedevano collegamento alcuno con l’attività edilizia riguardante un vicino complesso”.
- b) per escludere che il danno fosse stato causato nell’esercizio della sua professione di ingegnere e direttore dei lavori si sarebbe dovuto stabilire non già quale fosse lo stato dei luoghi al momento del sinistro, ma quale fosse lo stato dei luoghi al momento in cui fu colposamente creata l’insidia che costò la vita al bambino.
Gli Ermellini rigettano tutte le censure.
Preliminarmente, la Cassazione “bacchetta” il ricorrente rammentandogli che “i provvedimenti giudiziari vanno letti ed interpretati valutandoli nel complesso e non estrapolandone singole parti”.
La Corte d’appello ha rigettato la domanda di garanzia nei confronti di Unipol affermando non essere emerso alcun elemento che colleghi la cisterna all’attività edilizia oggetto del rischio coperto dalla polizza assicurativa per responsabilità civile professionale.
Ebbene, già la sola affermazione secondo cui “non vi è prova” di un certo fatto è di per sé idonea a sorreggere la motivazione.
Nelle controversie tra assicurato e assicuratore è onere dell’assicurato provare l’avverarsi di un rischio rientrante tra quelli descritti nella polizza assicurativa. Quindi, se il Giudice di merito non ritiene raggiunta tale prova, il dichiarare “non esservi prova” dell’avverarsi del rischio dedotto nel contratto è motivazione che non rende nulla la sentenza.
Conclusivamente la Cassazione rigetta il ricorso con condanna alle spese.
Avv. Emanuela Foligno