L’età media nel sistema sanitario supera i 50 anni. Urgente lo sblocco del turn over

Una sanità più povera non solo in termini di risorse economiche ma anche di risorse umane. E’ quanto emerge dal report realizzato da Fp Cgil basandosi sui dati del Conto annuale dello Stato in un focus specifico sul segmento sanità tra risorse e servizi; lo studio ha inoltre tenuto conto di una rielaborazione dei dati della Ragioneria generale dello Stato. La fotografia rappresenta un sistema che “rischia seriamente il tracollo”, in termini di tenuta dei servizi ai cittadini e di garanzie per i lavoratori; la ricerca evidenzia, infatti, “una vera e propria emorragia di personale”, con quasi 50mila lavoratori in meno dal 2009 a oggi.
Il report analizza in dettaglio la variazione dell’occupazione, in parallelo con il blocco del turn over. Nel periodo che va dal 2009 (ultimo anno di rinnovo contrattuale) al 2015 si  sono persi 40.364 lavoratori, passando da un totale di 693.716 nel servizio sanitario a 653.352. Si tratta, nello specifico, di circa 8.000 medici, quasi 10.300 infermieri e 2.200 Operatori di assistenza (Oss, Ota e Ausiliari) e all’incirca 20.000 lavoratori tecnici, riabilitativi, della prevenzione e amministrativi, su un totale di quasi 40.000 lavoratori in meno. Di questi, rileva la Fp Cgil, oltre 10.000 nel solo 2015, dato che proiettato sul 2016 porterebbe la ‘emorragia’ di posti di lavoro a 50 mila lavoratori in meno dal 2009.
L’età media nel sistema sanitario è inoltre aumentata considerevolmente a causa del blocco del turn over. Si sfonda infatti quota 50,1 anni (ben al di sopra della media della Pa) e le proiezioni del conto annuale la collocano a 54,3 nel 2020. La conseguenza di tali dati è l’incremento del ricorso a forme di lavoro precarie nel servizio sanitario nazionale. Tra il 2014 e il 2015 cresce la quota di personale non stabile (tempi determinati e formazione lavoro, interniali e co.co.co) di circa 3.500 unità per complessivi 43.763 lavoratori. Cala invece il ricorso alle consulenze ma allo stesso tempo aumenta la spesa complessiva, che arriva a 230 milioni di euro.  In questo quadro si inserisce lo stato dei servizi ai cittadini e del finanziamento al servizio sanitario nazionale, giudicato “insufficiente e costantemente ridotto”.
L’approvazione dei nuovi Lea, “auspicata da lungo tempo”, è per la Fp Cgil “un passo avanti per avere prestazioni in linea con i bisogni dei cittadini”. Tuttavia, il sindacato sottolinea la necessità di rivedere le attuali organizzazioni del lavoro, in estrema sofferenza in molti territori, e di “fissare adeguati standard minimi di personale in maniera omogenea e uniforme su tutto il territorio nazionale, sui quali programmare coerentemente le assunzioni di personale, a prescindere dalle inevitabili specificità territoriali”.
Per Fp Cgil non è più possibile aspettare oltre per scongiurare l’eventualità che l’aumento delle prestazioni da garantire ai cittadini, con l’attuale scarsità di risorse complessive, arrivi a creare una effettiva selezione delle prestazioni, con il rischio concreto di non poterle garantire e non solo nell’immediato. “Proviamo, per esempio, a pensare al trattamento delle ludopatie, introdotto dal nuovo DPCM: siamo sicuri che nei servizi ci sia un numero adeguato di personale formato? O è necessario pensare sin da subito ad assumere ed a programmare interventi formativi mirati?”.
Secondo la categoria dei servizi pubblici della Cgil è dunque urgente superare il blocco del turn over, “anche nelle regioni soggette a piano di rientro, per garantire servizi ai cittadini e assicurare il funzionamento dei nuovi Lea. Così come non è più rinviabile una riorganizzazione complessiva che guardi all’uniformità nazionale delle prestazioni per recuperare la marcata frantumazione del Servizio sanitario nazionale che ha prodotto enormi differenze fra sistemi regionali/territoriali, per costruire l’effettiva garanzia dei Lea, vecchi e nuovi. Affinché tutte le nuove attività previste, o anche solo la parziale modifica di quelle già in essere, possano essere svolte con capacità e competenza, bisogna investire con l’attuazione di un adeguato piano di formazione rivolto a tutto il personale del Servizio Sanitario Nazionale”.
Infine, “bisogna arrivare al più presto alla definizione dei corrispondenti livelli essenziali per l’assistenza sociale e sociosanitaria, per concretizzare quell’integrazione dei servizi di welfare alla persona prevista da quasi vent’anni e mai attuata, rendendo finalmente esigibile e uniforme quel diritto alla salute che è costituzionalmente garantito”. Per tutti questi motivi la Funzione Pubblica Cgil chiede che “il Comitato Lea si confronti, in modo permanente, con le rappresentanze sindacali dei lavoratori, evitando così di parlare di cose astratte”.

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