Responsabilità dell’Odontoiatra: non provato il nesso causale tra l’operato del medico e il danno lamentato. (Cassazione Civile, Sez. VI, Sentenza n. 42104 depositata il 31/12/2021)

Responsabilità dell’Odontoiatra per l’intervento di implantologia: entrambi i Giudici di merito rigettano la domanda per mancata prova del nesso causale.

Responsabilità dell’Odontoiatra: La paziente cita a giudizio dinanzi il Tribunale di Bologna l’Odontoiatra che l’aveva sottoposta ad un intervento di implantologia dal quale erano derivati fenomeni infettivi ed infiammatori che lo stesso non riusciva a debellare, tuttavia sottoponeva la paziente a un secondo intervento paradontale ed infine alla rimozione degli impianti.

Il medico Odontoiatra si costituiva in giudizio contestando l’addebito di responsabilità e deducendo di avere eseguito l’intervento a regola d’arte, nelle more del giudizio, deceduto l’Odontoiatra, il giudizio veniva riassunto nei confronti del figlio.

Il Tribunale di Bologna, previa CTU Medico-legale, rigettava la domanda ritenendo che l’attrice non avesse dato prova, in base al criterio del più probabile che non, del nesso causale tra l’operato del sanitario e la sofferenza patita.

La Corte d’Appello di Bologna, disposta una seconda CTU, che confermava totalmente la prima, rigettava il gravame in punto di responsabilità dell’Odontoiatra.

La paziente ricorre in Cassazione lamentando che la Corte territoriale abbia interpretato erroneamente le risultanze istruttorie ed abbia ritenuto non ottemperato l’onere della prova del nesso causale e che non abbia considerato una serie di circostanze di fatto allegate nel corso dei giudizi di merito e sempre ritenute insufficienti a provare il nesso causale in base al criterio del più probabile che non.

La Suprema Corte ritiene il ricorso inammissibile.

La Corte d’Appello ha ritenuto che la tesi della paziente, volta al riconoscimento della responsabilità dell’Odontoiatra, secondo la quale l’infezione sarebbe stata conseguenza della contaminazione nell’ambito della manovra chirurgica, era rimasta priva di ogni fondamento, così come era rimasta indimostrata l’eziologia del dolore dalla realizzazione dell’impianto protesico.

Conseguentemente la Corte territoriale ha applicato il principio secondo il quale “Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata”.

La decisione impugnata è aderente alla giurisprudenza e l’esame del motivo non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento, sia perché esso si situa del tutto al di fuori del perimetro delineato per prospettare la violazione dell’art. 116 c.p.c., sia perché prospetta inammissibilmente, nei termini della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, una contestazione volta a criticare il convincimento che il Giudice del merito si è formato in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguente giudizio di prevalenza degli elementi di fatto.

La ricorrente si è limitata a prospettare che il Giudice di merito non abbia ben valutato le prove e che abbia escluso il nesso di causalità sulla base di dati asseritamente suscettibili di una diversa valutazione, sicché le censure non rispettano né le condizioni per la deducibilità della violazione dell’art. 116 c.p.c., né quelle della violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile con condanna alle spese di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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