Infortunio e condizioni di sicurezza del luogo di lavoro: dirimente la omissione della valutazione del rischio

Infortunio e condizioni di sicurezza: anche la Suprema Corte conferma la condanna penale del datore di lavoro.

Cassazione Penale, Sez. IV, Sentenza n. 45596 depositata il 13/12/2021 qui a commento tratta di infortunio e condizioni di sicurezza nell’ambiente di lavoro, con particolare riferimento all’infortunio del magazziniere.

La Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del datore di lavoro imputato, per difetto di condizione di procedibilità, per l’effetto revocando le statuizioni civili presenti in sentenza, al contempo confermando la pronuncia di condanna ad un mese di reclusione emessa in ordine al reato di cui all’art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, (in relazione all’art. 583 c.p.), perché in data 29 gennaio 2013, in qualità di datore di lavoro aveva cagionato – per colpa generica e specifica D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 28, comma 2, – al dipendente lesioni personali (frattura scomposta del polso sinistro), da cui era derivata una malattia o comunque un’inabilità al lavoro dal 30 gennaio al 12 maggio 2013, per avere omesso di predisporre, con riguardo alle operazioni di carico e scarico della merce dalle banchine ai cassoni dei camion, una chiara e specifica procedura di valutazione di rischio di ribaltamento e caduta del carrello con operatore a bordo nella fasi di carico e scarico, in tal maniera impedendo al suddetto dipendente di poter lavorare in condizioni di sicurezza.

Il lavoratore si infortunava mentre svolgeva attività di carico con un carrello elevatore di un automezzo che durante le operazioni si spostava in avanti, determinando la caduta del carrello condotto dalla vittima, che inutilmente tentava di aggrapparsi al telaio posto a protezione del conducente, riportando una frattura pluriframmentaria scomposta della mano sinistra.

Il datore di lavoro ricorre in Cassazione eccependo: mancanza (o apparenza) e/o contraddittorietà della motivazione ed errata applicazione della legge penale in merito alla ritenuta sussistenza della causalità della colpa, con riferimento alla presunta efficacia impeditiva delle prescrizioni impartite dagli ispettori AUSL; manifesta illogicità, mancanza e/o contraddittorietà della motivazione ed errata applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta insussistenza del comportamento aberrante dell’autotrasportare, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la violazione del dovere di diligenza e la verificazione dell’evento; manifesta illogicità, mancanza (o apparenza) di motivazione ed erronea applicazione della legge penale in relazione al diniego dell’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe escluso l’applicabilità dell’istituto ex art. 131-bis c.p. sulla scorta della valorizzazione di comportamenti intervenuti solo successivamente al reato – l’avvenuto risarcimento del danno e il suo effettivo intento riparatorio -, in quanto tali non adeguatamente incidenti nella valutazione della gravità del danno direttamente conseguente alla verificazione del fatto-reato, da valutare alla stregua dei parametri indicati dalla norma dell’art. 133 c.p., comma 1. Contesta, poi, il ricorrente il generico ed aspecifico riferimento fatto dalla Corte territoriale al grado della colpa ascrivibile all’imputato, trattandosi di motivazione non idonea a rappresentare l’iter logico seguito dal decidente per affermare la sussistenza di un grado di colpa tale da escludere la particolare tenuità dell’offesa.

Le doglianze sono infondate e il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Infondata la doglianza con cui il ricorrente lamenta l’insussistenza della causalità della colpa, come accertabile in esito all’esperimento di un valido giudizio controfattuale.

Il profilo della causalità della colpa richiede, in relazione allo specifico addebito contestato carenza delle condizioni di sicurezza e di omesso calcolo del rischio specifico, di accertare se la riscontrata violazione delle regole cautelari abbia, o meno, cagionato l’evento.

La causa dell’evento deve individuarsi nella condotta materiale, che nei reati colposi deve essere caratterizzata dalla violazione del dovere di diligenza.

Quindi, in tema di infortunio e condizioni di sicurezza, l’evento deve verificarsi a causa di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, esigendo, ai fini del rimprovero a titolo di colpa, che essa si materializzi nell’evento concretamente accaduto.

La verifica se quella specifica violazione della regola cautelare abbia, o meno, cagionato l’evento (causalità della colpa) si sostanzia, in un giudizio controfattuale compiuto in relazione alla violazione della regola di cautela.

La corretta “equazione” del giudizio controfattuale è dunque:

causalità commissiva = condotta assente

causalità omissiva = condotta presente

Il rapporto di causalità rimane sempre governato dal giudizio controfattuale, per cui l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio (Sez. U, n. 30328 del 10/07/2002, Franzese).

Il profilo soggettivo e personale della colpa viene, di fatto, individuato nell’esigibilità del comportamento dovuto, e cioè nella possibilità soggettiva dell’agente di rispettare la regola cautelare, ovvero nella concreta possibilità di pretendere l’osservanza di tale norma.

Ebbene, è corretta la motivazione con cui la Corte territoriale ha ritenuto configurabile nei confronti del datore di lavoro la ricorrenza della causalità della colpa, ravvisando nella riscontrata violazione delle regole cautelari di infortunio e condizioni della sicurezza la causa di verificazione dell’infortunio.

In altri termini, presente violazioni delle norme cautelari di infortunio e condizioni di sicurezza, il datore di lavoro è in colpa.

Contrariamente a quanto lamentato dal ricorrente, il Giudice di merito ha correttamente svolto il giudizio controfattuale, giungendo alla conclusione che se il datore di lavoro avesse rispettato le necessarie prescrizioni di cautela, adottando le misure indispensabili ad evitare il rischio di cadute, l’evento infortunistico non si sarebbe verificato.

Il datore è esonerato da responsabilità solo quando la condotta del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

Avv. Emanuela Foligno

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