In materia di responsabilità medica per diagnosi errata deve farsi applicazione del principio secondo cui il giudizio civile di rinvio è autonomo rispetto al processo penale, con conseguente possibilità per il giudice civile di rivalutare i fatti oggetto di causa

L’accusa per responsabilità medica

Nel 2012 il Tribunale penale di Modica condannava per responsabilità medica un camice bianco alla pena sospesa di sei mesi di reclusione, al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita e al pagamento delle spese processuali, in quanto ritenuto colpevole di aver cagionato, per colpa professionale, la morte di un paziente.

Il medico era stato accusato di essersi limitato ad eseguire sulla vittima – presentatasi al pronto soccorso dell’Ospedale ove egli prestava servizio accusando disturbi respiratori, dolori allo stomaco, al petto e al braccio e alla parte laterale destra – una puntura intercostale e un elettrocardiogamma. Inoltre, avrebbe dimesso il paziente, con una diagnosi di torocoalgia conseguente ad esofagite da reflusso, omettendo di effettuare un prelievo ematico e di tenerlo in osservazione ai fini di eseguire un nuovo ECG o un ulteriore prelievo del sangue per controllare il dosaggio della troponina. Approfondimenti che avrebbero consentito di accertare e diagnosticare la malattia cardiaca e avviare l’adeguato percorso terapeutico.

Il fatto

Il paziente moriva per insufficienza cardiorespiratoria acuta, dissociazione elettromeccanica con arresto cardiaco irreversibile poco più tardi, dopo essere tornato al Pronto Soccorso in ragione del protrarsi dei dolori toracici, accompagnati da senso di soffocamento e dopo essere stato sottoposto a un nuovo elettrocardiogramma che non evidenziava alterazioni ischemiche ed essere stato trattato per via infusionale con farmaco gastroprotettore.

Nel 2014, la Corte d’Appello di Catania assolveva l’imputato per assenza di prova del nesso causale tra la sua condotta omissiva e l’evento morte, con la formula perché il fatto non sussiste.

La Corte di Cassazione penale, su ricorso promosso dalla parte civile, ai soli effetti della responsabilità civile, annullava la sentenza gravata con rinvio al giudice civile competente affinchè con giudizio controfattuale valutasse se, anche in presenza della patologia cardiaca da cui era affetta la vittima – aritmia ventricolare maligna – l’adesione da parte del sanitario alle linee guida avrebbe consentito di effettuare una diagnosi differenziale e di intervenire tempestivamente in modo risolutivo.

Il giudice del rinvio accertatava la responsabilità medica dell’imputato, confermando la condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio e lo condannava al pagamento di una provvisionale di Euro 150.000,00.

Con la sentenza in commento, la Terza Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 22520/2019) è tornata nuovamente sulla vicenda, questa volta confermando la pronuncia della corte d’appello siciliana e affermando l’indipendenza del processo civile del rinvio rispetto al giudizio penale.

Le questioni giuridiche controverse sottoposte al vaglio della Cassazione sono state le seguenti:

– se ai fini dell’accertamento del nesso causale tra condotta omissiva ed evento nel giudizio di rinvio davanti alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 622 c.p.p., in seguito all’annullamento della sentenza penale limitatamente ai capi – della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile, il giudice del rinvio sia vincolato o meno alle statuizioni sul punto emergenti dalla pronuncia della Corte di Cassazione penale;

– se il giudice civile sia tenuto ad applicare le regole di giudizio del diritto penale e non le distinte regole di giudizio consolidatesi nella giurisprudenza civile;

– se, ai fini dell’accertamento del nesso di causa, il giudice del rinvio debba avvalersi della regola propria del processo penale – basato sul giudizio di alta probabilità logica, o di quella adottata nel processo civile – della preponderanza dell’evidenza, per cui un evento è da ritenere causato da un dato comportamento quando il suo verificarsi per effetto di quel comportamento sia più probabile che non il suo contrario.

L’autonomia del giudizio civile di rinvio

La conclusione cui sono pervenuti i giudici della Suprema Corte è che “il giudizio in sede civile conseguente alla cassazione della sentenza penale è autonomo sostanzialmente e funzionalmente da quello penale e legato ad esso solo dal punto di vista formale: non essendo più in discussione i temi centrali del giudizio penale, quali la sussistenza del fatto, la sua illiceità e l’attribuibilità all’imputato, l’ulteriore svolgimento del giudizio davanti al giudice civile si configura come prosecuzione solo formale del processo penale, giacchè presenta quell’autonomia strutturale e funzionale che concretizza la scissione tra le materie oggetto del giudizio, con la restituzione dell’azione civile alla giurisdizione cui essa naturalmente compete”.

Nella sostanza, nel giudizio di rinvio non vi è più spazio per ulteriori interventi del giudice penale, essendo venuta meno l’esigenza di qualunque accertamento agli effetti penali.

Raggiunta la dimostrazione della separazione del processo civile da quello penale, il Supremo Collegio ne ha evidenziato gli effetti, specificando che nel giudizio di rinvio:

– è legittima, oltre alla possibilità di formulazione di nuove conclusioni sorte in conseguenza di quanto rilevato dalla sentenza di cassazione penale, anche l’emendatio della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile, sia pur nei limiti del sistema generale delle preclusioni fissato dall’art. 183 c.p.c.;

– non potrà escludersi l’eventuale, diversa valutazione dell’elemento soggettivo (colpa anzichè dolo) nè una differente qualificazione del titolo di responsabilità medica ascritta al danneggiante, ove i fatti costitutivi posti a fondamento dell’atto di costituzione di parte civile siano gli stessi che il giudice di appello è chiamato ad esaminare;

– anche il principio di inutilizzabilità di prove assunte in violazione di un espresso divieto probatorio valevole per il processo penale non può essere condiviso: va, infatti, aggiunto che, nell’ordinamento processual-civilistico, mancando una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, il giudice può legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche, purchè idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se e in quanto non smentite dal raffronto critico con le altre risultanze del processo;

– in base al principio dei libero convincimento, pertanto, il giudice civile può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un processo penale e, segnatamente, le dichiarazioni verbalizzate dagli organi di polizia giudiziaria in sede di sommarie informazioni testimoniali. In tale contesto, deve ritenersi che il giudice civile possa trarre elementi di convincimento – sempre che li sottoponga ad adeguato vaglio critico – anche dalle dichiarazioni c.d. autoindizianti rese da un soggetto in un procedimento penale, non potendo la sanzione di inutilizzabilità prevista dall’art. 63 c.p.p., posta a tutela dei diritti di difesa in quella sede, spiegare effetti al di fuori del processo penale.

Le regole probatorie relative al nesso causale

– anche le regole probatorie relative al nesso causale devono essere sottoposte al principio di autonomia del giudizio di rinvio rispetto a quello penale che ha dato origine alla vicenda. E’ escluso evidentemente che, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, nel giudizio di rinvio debbano continuare ad applicarsi le regole processuali penali che hanno governato il processo fino all’annullamento da parte della Corte di cassazione con la conseguenza che “una volta separata la res iudicanda penale da quella civile, a quest’ultima debbono applicarsi le regole processuali civili, con la conseguente sufficienza di un minor grado certezza in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito, secondo il canone civilistico del “più probabile che non” e senza alcun vincolo per il giudice civile nella ricostruzione del fatto di quanto accertato dal giudice penale, non essendo quello del rinvio ex art. 622 c.p.p., un giudizio tecnicamente sottoposto al regime di cui agli artt. 392-394 c.p.c. ed in particolare al vincolo del principio di diritto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

– le cause di esclusione della punibilità e le esimenti non producono effetti preclusivi sulla domanda risarcitoria (come risulta dalla Legge Gelli Bianco e dalla legge sulla legittima difesa).

La decisione

Facendo applicazione di tale principio di diritto al caso in esame, i giudici della Suprema Corte hanno confermato la pronuncia della Corte d’Appello che, dopo aver adeguatamente motivato la propria scelta, senza incorrere in vizi logico-giuridici, aveva adottato la regola del più probabile che non propria del giudizio civile, e, dopo aver svolto una puntuale analisi di tutte le emergenze istruttorie, aveva ritenuto che la morte della vittima era ascrivibile a responsabilità medica essendo causata da un errore diagnostico che indusse il camice bianco imputato a non attenersi alle linee guida applicabili nel caso di paziente sospettato di avere una patologia cardiaca.

A prescindere dall’esito negativo dell’elettrocardiogramma e dal fatto che la morte del paziente fosse riconducibile ad ischemia – ipotesi più plausibile – o ad aritmia ventricolare maligna – ipotesi secondaria ed indotta dalle inadeguate ed insufficienze evidenze dell’esame istologico – l’applicazione della regola della preponderanza dell’evidenza, in assenza di ogni altra causa possibile del decesso, aveva correttamente indotto il giudice del rinvio ad affermare che se il paziente fosse stato ricoverato in osservazione il ricorrente sarebbe giunto, anche consultando un medico specialista che avrebbe potuto eseguire un ecocardiogramma, alla giusta diagnosi ed avrebbe potuto intraprendere le terapie, anche quella meno eroica, che avrebbero potuto, se pur senza certezza, risolvere la manifestazione acuta della patologia e stabilizzare farmacologicamente il paziente al fine di trasferirlo in un centro di emodinamica”.

La redazione giuridica

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