È illegittima e pertanto va annullata la sanzione disciplinare irrogata al dipendente se non è rispettato il principio dell’immediata contestazione
Il principio dell’immediata contestazione della sanzione disciplinare è strettamente connesso ai canoni di buona fede e correttezza che devono sempre informare l’attuazione del rapporto di lavoro. È quanto emerso nel caso in commento.
La vicenda
Con ricorso depositato dinanzi al Tribunale di Lecce, una banca, in qualità di società datrice di lavoro chiedeva di accertare la legittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per giorni cinque comminata ad un proprio dipendente accusato di anomale operazioni bancarie sui conti intestati ai propri familiari.
Costituitosi in giudizio, il lavoratore eccepiva preliminarmente la mancanza di specificità e la intempestività della contestazione disciplinare, avvenuta oltre un anno dopo il verificarsi dei fatti e comunque conosciuti dalla Banca sin dal loro verificarsi; nel merito contestava la sproporzione tra il fatto e la sanzione irrogata. Concludeva dunque, per il rigetto del ricorso, con conseguente declaratoria di illegittimità della sanzione comminata.
Il Tribunale di Lecce (Sezione Lavoro, sentenza n. 4095/2019) ha accolto l’eccezione di intempestività della contestazione disciplinare perché fondata.
Il principio dell’immediata contestazione della sanzione disciplinare
Secondo l’orientamento espresso dalla Suprema Corte in innumerevoli pronunce, il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l’esigenza dell’osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore – datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l’immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro. Questa ragione giustificativa della regola di immediatezza (del licenziamento e della contestazione) è dunque coincidente con quella che connette l’onere di tempestività al principio di buona fede oggettiva e più specificamente al dovere di non vanificare la consolidata aspettativa, generata nel lavoratore, di rinuncia all’esercizio del potere disciplinare (vedi Cass. 17/12/2008 n.29480).
La definizione del concetto di immediatezza non può prescindere, poi, dal rilievo che il giudizio su di essa postula l’accertamento del tempo in cui il datore di lavoro sia venuto a conoscenza della riprovevole condotta del dipendente, di guisa che, come affermato dalla Suprema Corte in numerosi approdi (Cass. 26/11/2007 n.24584, Cass. 15/10/2007 n. 21546, Cass. 10/1/2008 n.282), il lasso temporale tra i fatti e la loro contestazione deve decorrere dall’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non dall’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi.
L’onere della prova del datore di lavoro
In ogni caso, è onere del datore di lavoro fornire la prova del momento in cui ha avuto la piena conoscenza dei fatti da addebitare al lavoratore, fermo restando che la valutazione delle circostanze di fatto che giustificano o meno il ritardo è riservata al giudice del merito.
Ebbene, nel caso in esame, sebbene i fatti si fossero verificati tra il 2013 e il 2014, la Banca li aveva contestati soltanto nel giugno del 2015.
Peraltro, rispetto alla specifica eccezione della parte resistente, la società datrice di lavoro non aveva preso posizione; al contrario, era suo onere allegare (e chiedere di provare) l’esistenza di fatti o atti da cui potersi desumere il momento in cui aveva avuto per la prima volta la consapevolezza dei fatti disciplinarmente rilevanti, poi contestati al lavoratore. E ciò in base al richiamato principio di diritto relativo all’onere della prova del datore di lavoro.
Per queste ragioni il giudice del lavoro del tribunale salentino ha rigettato il ricorso e, per l’effetto, ha dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata al proprio dipendente.
La redazione giuridica
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