Il decreto sicurezza blocca la liquidazione dei compensi agli avvocati in caso di ricorso inammissibile e delle spese ai C.T.P. per consulenze irrilevanti o superflue

In tema di gratuito patrocinio, sono in arrivo delle importanti novità: infatti, in caso di ricorso inammissibile, il decreto sicurezza blocca la liquidazione dei compensi degli avvocati.

Il d.d.l. di conversione del decreto sicurezza (n. 113/2018) muove un importante passo verso l’approvazione definitiva del testo recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”.

Come noto, anche in seguito al maxi emendamento proposto dal Governo, rimane confermata la modifica al T.U. in materia di spese di giustizia che non è stata ben accolta dagli avvocati.

Questo in quanto l’art. 15 del decreto sicurezza stabilisce che gli avvocati che prestano gratuito patrocinio non avranno più diritto all’anticipo di spese e onorari a carico dello Stato se proporranno un’impugnazione inammissibile.

La misura era stata inizialmente preannunciata come un’abolizione del patrocinio a spese dello Stato per i ricorsi dei migranti.

In realtà, il cambiamento ha investito gli avvocati in maniera ben più ampia.

La norma, nello specifico, incide sul testo unico di cui al d.P.R. n. 115/2002 introducendo il nuovo art. 130-bis (Esclusione dalla liquidazione dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte).

In sostanza, andrebbe ad allineare la disciplina prevista per il processo civile a quella già in vigore per il processo penale escludendo che il difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio abbia diritto all’anticipazione di spese e onorari a carico dell’erario in presenza di un ricorso inammissibile.

In sostanza, qualora l’impugnazione, anche incidentale, sia dichiarata inammissibile, al difensore non sarà liquidato alcun compenso. Neppure saranno liquidate le spese sostenute per le consulenze tecniche di parte che, all’atto del conferimento dell’incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova.

La disposizione non ha mancato di sollevare critiche tra gli avvocati.

In particolare, il Consiglio dell’Ordine di Bologna ha fatto sapere di aver “deliberato di sottoporre all’attenzione degli organi rappresentativi dell’avvocatura i numerosi profili critici della disposizione, auspicandone l’intervento nella fase di conversione in legge del decreto”.

Per gli avvocati bolognesi, infatti, l’effetto della norma “non è quello di limitare o diversamente regolamentare il patrocinio a spese dello Stato nei ricorsi in materia di protezione internazionale e immigrazione, bensì quello di incidere pesantemente sulla funzione difensiva”.

Infatti, sebbene appaia evidente “l’intento di responsabilizzare i difensori, imponendo loro di sconsigliare e dissuadere l’assistito dal proporre impugnazioni infondate”, afferma il COA di Bologna, “l’avvocato del grado conclusosi sfavorevolmente, che virtuosamente abbia sconsigliato l’impugnazione resterebbe tuttavia soggetto all’alea del possibile appello (o ricorso per Cassazione) redatto da altro professionista, ed in caso di pronuncia di inammissibilità vedrebbe travolto anche il proprio compenso per il grado precedente”.

 

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