Non commette reato chi rifiuta l’ordine impartito da un agente di polizia municipale di spostare la propria autovettura ferma nel centro della carreggiata, per consentire il passaggio di un bus turistico
La vicenda
Il Tribunale di Trani aveva condannato l’imputata alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 650 c.p., perché aveva rifiutato l’ordine impartito dall’Autorità per ragioni di ordine pubblico. Dalla descrizione dei fatti era emerso che la donna si fosse rifiutata di eseguire il provvedimento impartitole dall’agente, di spostare la propria autovettura che intralciava il traffico su una via pubblica.
La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione dal difensore dell’imputata che tra gli altri motivi, ha dedotto l’erronea qualificazione giuridica dei fatti contestati, posto che l’art. 180 C.d.S., è in rapporto di specialità rispetto all’art. 650 c.p., perciò, il fatto non costituisce reato ma violazione di norma amministrativa.
La Prima Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 4177/2020) ha accolto il ricorso perché fondato.
Dalla sentenza impugnata era emerso che all’imputata fosse stato addebitato il fatto di non aver ottemperato a un provvedimento verbale emesso da un agente della Polizia municipale. Il provvedimento consisteva nell’ordine di spostare la propria autovettura che era rimasta parcheggiata al centro della carreggiata di una pubblica strada che doveva essere attraversata da un autobus turistico.
Era, dunque, evidente che la ragione che aveva indotto l’agente a rivolgere alla donna, in quanto conducente di una automobile, il comando di spostarla, era quella di garantire il corretto andamento della circolazione stradale, cioè la fluida viabilità. Il comando non era, perciò, finalizzato ad assicurare la conservazione dell’ordine pubblico, che concerne, invece, le condizioni del regolare svolgimento della vita civile, nel suo complesso.
La decisione
In presenza di tale situazione, il provvedimento dell’Autorità, disatteso dalla imputata, non poteva qualificarsi, a differenza di quanto ritenuto erroneamente dal Tribunale – come motivato da ragioni di ordine pubblico, nè risultava riconducibile ad alcuna delle altre ragioni indicate nell’art. 650 c.p..
Tanto era sufficiente ad escludere la sussistenza del reato contravvenzionale previsto dalla norma citata.
In definitiva, i giudici della Suprema Corte hanno accolto la censura della difesa per violazione dell’art. 650 c.p., in relazione all’art. 180 C.d.S., e alla L. n. 689 del 1981, art. 9; conseguentemente, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste.
La redazione giuridica
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