Dopo la pronuncia della Corte d’appello di Napoli sui rimborsi agli ex specializzandi, la sentenza della Corte europea potrebbe chiudere il contenzioso. Ecco perché.

Una sentenza della Corte europea potrebbe davvero mettere la parola fine al contenzioso sui rimborsi agli ex specializzandi usciti dall’Università Federico II di Napoli e, come ricorrenti, già già “premiati” dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza 5 ottobre 2017.

La pronuncia della Corte europea del 24 gennaio scorso, di fatto, parifica i diritti degli immatricolati ai corsi post-laurea tra il 1978 e il 1982 – ad avere la borsa di studio annuale – a quelli dei colleghi entrati nelle scuole dal 1983 al 1991.

Una decisione, questa, che potrebbe finalmente chiudere il contenzioso del gruppo di medici.

Questi ultimi, in forza alle scuole di specialità tra il 1981 e il 1990, nel 2008 avevano citato in giudizio l’ateneo e la presidenza del consiglio – inclusi Ministeri di Istruzione ed Economia – per non avergli versato la borsa di studio introdotta dall’Unione Europea.

Ebbene, come noto, il tribunale di Napoli nel 2012 aveva respinto l’istanza dei rimborsi agli ex specializzandi per due motivi.

Il primo riguardava la direttiva Ue che afferma che si deve retribuire il medico ma non dice chi deve retribuirlo.

Il secondo concerneva il fatto che questi ex specializzandi non riuscivano a provare di aver frequentato a tempo pieno.

Ora, in appello l’avvocato degli ex specializzandi ha sottolineato come l’ordinamento comunitario è considerato ormai in materia non pari all’italiano ma sovraordinato, e all’epoca non era disciplinata la frequenza.

Pertanto, alla luce di tali evidenze, ha chiesto o il ripristino della retribuzione o il risarcimento danni equivalente.

La pronuncia della Corte d’Appello di Napoli ha accolto la domanda di risarcimento a carico dello Stato italiano. Ma solo per gli studenti immatricolati a partire dall’anno accademico 1982-83 (entrati nel corso nel 1983) interessati dalla direttiva.

Ha inoltre confermato la prescrizione decennale del diritto – si poteva ricorrere dunque fino al 27 ottobre 2009 – e sulla frequenza chiesta dal tribunale si è rifatto alla sentenza di Cassazione 1182/2012.

Secondo tale sentenza, dato che prima del 1991 la frequenza esclusiva e a tempo pieno non era richiesta, spetta allo Stato italiano provare la mancata frequenza. Ma – attenzione – non allo studente provare di aver frequentato.

Quindi ha determinato il “quantum”. Esso è fissato a euro 6713,94 annui e cioè la retribuzione ante anno accademico 1991-92 (13 milioni di euro). A tale cifra vanno aggiunti gli interessi di mora. Purtroppo, però, non tutti gli ex specializzandi possono essere risarciti.

Infatti potranno esserlo soltanto quelli la cui specialità era riconosciuta in Europa all’epoca dei fatti.

A restare fuori sono gli oncologi. Ciò in quanto all’epoca oncologia c’era in Italia ma non fuori. E restano in sospeso gli immatricolati ante anno accademico 1982-83.

A questo punto, i giudici italiani hanno chiesto un parere alla Corte di Giustizia Europea.

Questo non era ancora arrivato quando la Corte d’Appello di Napoli è andata a sentenza. Invece è giunto con la sentenza del 24 gennaio 2018 della Corte di Bruxelles.

Ebbene, secondo tale pronuncia, hanno diritto a retribuzione anche gli immatricolati ante-1982 a decorrere dal 1983 e fino al momento dell’uscita dal corso.

Pertanto, adesso anche la situazione di sospeso sui rimborsi agli ex specializzandi “meno giovani” si sblocca.

Ciò significa che laddove la Presidenza del Consiglio decidesse di optare per un ricorso in Corte di Cassazione, sarà molto difficile non considerare i diritti degli immatricolati ante-1983.

 

 

 

 

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